L’intervista a Luca Casaura, Chief Marketing Officer del Gruppo Bauli è parte dello speciale
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Quali sono gli ingredienti sui quali avete puntato per la vostra strategia marketing?
Storicamente, Bauli è un’azienda che ha avuto un business model industriale. Anche i marchi che abbiamo acquisito negli anni sono stati utilizzati principalmente per ottimizzare i processi produttivi. Nel momento in cui abbiamo deciso di darci un obiettivo ambizioso, ossia arrivare al miliardo di fatturato in cinque anni, abbiamo dovuto affinare il nostro business model, passando dalla creazione di volumi alla creazione di valore. Il primo ingrediente è stato ridefinire il portafoglio. Fra i tanti nostri marchi, abbiamo deciso di puntare soprattutto su Bauli e Motta. Il secondo ingrediente è stato dare un’identità forte, distintiva e coerente a questi due marchi, ne abbiamo curato l’architettura nei minimi particolari, a partire dal packaging. Il risultato è stata una rivisitazione completa. Oggi nei punti vendita si vede una macchia lilla molto estesa, molto grande e molto persistente. Per Motta abbiamo scelto un brand block molto forte, con un colore distintivo. Il terzo ingrediente è l’innovazione, intesa anche come il mix di prodotti che riusciamo a lanciare e attraverso il quale si crea valore. Il quarto ingrediente lo chiamerei innovazione geografica. Distribuiamo i nostri prodotti in una settantina di Paesi. Ci stiamo focalizzando su alcuni mercati fondamentali che sono gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania, oltre ovviamente il rilancio dell’India e della Francia. Il quinto ingrediente è un ritorno prepotente negli investimenti pubblicitari.
Motta è divenuto il vostro brand premium. Che strategia avete utilizzato per il suo nuovo posizionamento?
Tutte le strategie partono dall’osservazione del mercato. Negli ultimi 20 anni, il grocery in generale si è andato via via polarizzando in una forbice che premia i prodotti premium. I consumatori spendono di più per avere valore. Questo è il primo punto. Il secondo punto è che siamo partiti da Motta e dal suo Dna storico, che è da sempre teso verso l’innovazione. Angelo Motta ha inventato il panettone, che non esisteva così come lo conosciamo noi. Poi si è inventato la colomba di sana pianta, la prima merendina industriale che è stata il Buondì. Siamo partiti da qui e abbiamo deciso di creare un nuovo segmento, che è quello dell’esperienza stellata affordable. Per questo, abbiamo deciso di stringere un accordo di collaborazione pluriennale con lo chef stellato Bruno Barbieri, che ha reinterpretato totalmente i nostri prodotti insieme ai nostri pasticceri. L’ambizione non è di fermarci a panettoni, pandori, brioche e biscotti, ma di estendersi, per esempio, anche nel segmento del salato. Chi ha inventato il panettone, penso abbia la legittimità anche per reinventarlo. La stessa cosa vale per le merendine e tutto il resto.
Lo storytelling rappresenta uno strumento molto potente di connessione. Come lo avete utilizzato, tenuto anche conto del reshape che avete operato su marchi e prodotti?
Abbiamo cercato un punto di differenziazione importante che parlasse di innovazione, ma avesse radici nel nostro Dna, nella nostra storia. Questa azienda produce prodotti con solo lievito madre da 102 anni. Noi gli abbiamo dato un nome e un volto. Abbiamo personificato il lievito madre con Futura. Giovane e senza tempo, come il lievito madre, perché vivrà altri 100 anni. Rappresenta gli elementi tipici e valoriali di Bauli. Abbiamo anche recuperato il sound logo, quello del Bababa Bauli, che è diventato la signature di tutte le nostre campagne. Ci ricorda da dove veniamo, con discrezione. La storia dall’impatto significativo è raccontata dal corto girato per noi da Pietro Castellitto. Lo abbiamo presentato lo scorso 8 ottobre ed è importante sottolineare che parte da un fatto realmente accaduto, ossia l’incendio che nel 1996 stava per distruggere lo stabilimento Bauli di Castel D’Azzano. Tutta la produzione di pandori e panettoni per l’inverno era stata distrutta, l’azienda era praticamente in ginocchio. In quel momento drammatico, i dipendenti portarono in salvo proprio il lievito madre, grazie al quale la produzione riuscì a riprendere. Perché è possibile sfornare pandori e panettoni in condizioni critiche, ma non se il loro ingrediente chiave è andato perso. Il corto è l’intreccio di tante storie: la proprietà, i dipendenti, chi sceglie i nostri prodotti tutti i giorni. L’impatto emotivo è fortissimo. C’è un pezzo della nostra storia, si vede da dove veniamo e dove siamo diretti, anche in una situazione di emergenza, grazie all’ingrediente che ci caratterizza. Non è un film agiografico, parla di un evento raccontato attraverso gli occhi del giovane Michele Bauli e di un tassista i cui destini si incrociano.
Non si può parlare di comunicazione, oggi, senza affrontare anche l’argomento social, dati e AI. Come avete deciso di operare in questo frangente?
Abbiamo iniziato a creare una nostra data platform aziendale. Collezioniamo dati da tutti i nostri canali, non solo quelli social, per capire cosa piace e cosa no. Questo sui social ci permette di adattare i contenuti nel post successivo. Le faccio un esempio. Ammettiamo di produrre scarpe da ginnastica. Monitoriamo l’andamento del post a seconda del colore delle scarpe, della posa assunta da chi le indossa, se si tratta di una scena di vita quotidiana. Gli algoritmi ci restituiscono regole di comunicazione di cui facciamo tesoro per le campagne successive. Altro aspetto importante è l’analisi del sentiment, che produce insight utili per i prodotti che lanceremo quest’anno, come per esempio il Panmoro, un gioco di parole per un dolce al cacao con scaglie di cioccolato. Sappiamo che il Pandoro Bauli è iconico, ma dall’osservazione delle discussioni online sul Natale, il tema del cioccolato veniva fuori spesso e con forza. Abbiamo dunque creato un nuovo prodotto e osato con il pack nero, che per Bauli è inedito. Certamente, per tornare alla sua domanda, ci stiamo mettendo al pari con le grandi best practice. La produzione di contenuti viene regolata dall’osservazione della Rete.
Bauli sta puntando sull’internazionalizzazione in modo strutturato. A livello di comunicazione, quali sono le principali differenze fra il mercato italiano e quello straniero?
Si tratta di marcati molto diversi. Per prima cosa, distinguerei fra la ricorrenza e il continuativo. Noi ora produciamo biscotti sia con Doria sia con Motta. E sono prodotti di qualità. I biscotti in tutto il mondo sono snack, non si mangiano solo a colazione. E poi c’è il mercato delle merendine che in alcune parti d’Europa è ancora poco sviluppato. Questo per dirle che la fisionomia dei mercati e le abitudini di consumo sono molto diverse, anche nel continuativo, con differenze importanti fra Natale e Pasqua, per esempio. Il panettone sta diventando globale, il pandoro è ancora poco conosciuto, inoltre all’estero non c’è una cultura così sviluppata come in Italia, dove ognuno ha il suo gusto. Quindi, quando ci si rivolge verso l’estero, occorre spiegare non solo il prodotto, ma anche la sua storia, perché consumarlo. C’è uno storytelling totalmente diverso, bisogna creare una nuova abitudine di consumo ed è un processo complicato. In Italia, la sfida sta nell’affollamento totale di competizione, l’obiettivo qui è spiegare perché il nostro ha una qualità maggiore. Nel nostro Paese per troppo tempo si è livellato il prodotto verso il basso dal punto di vista dei prezzi, distruggendo valore, noi siamo qui per restituire valore, in tutti i sensi.