L’intervista a Matteo Puppi, Prestige Beauty Cluster Director [Clinique, Dr Jart+, Origins, Darphin] di The Estée Lauder Companies, è parte dello speciale
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Le nuove tecnologie offrono ai marketers sempre più strumenti per costruire una strategia efficace per il proprio brand. Qual è stata, secondo lei, la novità che più ha rivoluzionato il modo di lavorare in questo campo?
Il grande acceleratore che ha rivoluzionato negli ultimi anni il modo di fruire e approcciare i prodotti nel mondo beauty sono stati TikTok e il mondo social in generale. L’affermazione di questi mezzi di comunicazione ha fatto nascere nuove figure professionali esterne ed interne, nuovi meccanismi di comunicazione che premiano creatività, storytelling e autenticità e spostano in maniera importante gli investimenti dei brand. In particolare, TikTok ha dato vita al fenomeno dei trend beauty, che offrono rilevanti opportunità ai brand che riescono a intuirli e cavalcarli. Basti pensare al caso di Black Honey Almost Lipstick di Clinique, un prodotto che esiste dal 1971, non distribuito in Italia, ma che, dopo essere stato scoperto da una tiktoker cinese quattro anni fa, è divenuto prima virale e poi il rossetto più venduto nella Penisola. È chiaro, dunque, che per un brand saper sfruttare – se non addirittura costruire – questi trend è divenuto un pillar strategico. Ma per farlo è indispensabile individuare come poterli sfruttare correttamente, come bilanciare creatività e posizionamento del brand, identificando i corretti profili marketing per esempio, e infine richiede una velocità d’azione pensata e ridisegnata all’interno dei brand e delle aziende. Da mia esperienza, come direttore Marketing prima e direttore di Brand oggi, è essenziale creare tempo, spazio e una safe zone per i team per misurarsi con questi fenomeni, dare spazio a creatività e fare percorsi di learning by doing, sapendo che il digitale e i trend in particolare sono in continua evoluzione e che il mezzo permette di sperimentare e applicare rapide modifiche e aggiustamenti. Deve cambiare proprio l’approccio nell’indirizzare il lavoro dei team marketing e delle agenzie e, da questo punto di vista, i grandi brand hanno più spunti da prendere dagli indie brands che in questo sono decisamente più agili. Se fino a dieci anni fa la leva per vincere sul mercato era conoscerlo profondamente ed elaborare una strategia di medio termine, oggi un buon marketer si distingue per il grande intuito, la rapidità d’azione e anche per la capacità di fare scelte di comunicazione coraggiose. Il che è possibile solo se l’ambiente in cui si lavora lascia alle persone che meglio comprendono questi nuovi strumenti la possibilità di rischiare. Non si tratta, quindi, solo di un cambiamento in termini di piattaforme, investimenti, ma anche di skill di marketing, e di approccio manageriale.
Qual è invece l’elemento “storico” che è destinato a rimanere decisivo?
Per me sono tre. Innanzitutto, la guida di un brand rimane l’analisi del sell out, sia da un punto di vista di pianificazione che di analisi ex post. È uno strumento decisivo, concreto, dal quale si individuano opportunità, gap versus concorrenza e versus i piani attuali, si verificano gli impatti dei trend e delle scelte di investimento, insomma è il faro della strategia di un brand. Per me è davvero importante creare una cultura della lettura dei dati condivisa, che devono essere disponibili alle diverse funzioni e decorticati, per trasformarli in decisioni e strategie. In secondo luogo l’ascolto del consumatore. Oggi abbiamo tantissimi strumenti per farlo. Banalmente, per capire come sta andando un progetto, è interessante vedere come i consumatori commentano i post social di un brand o di un influencer, anche per cogliere eventuali spunti di miglioramento. Per esempio, ad aprile abbiamo lanciato una linea di ombretti, sempre con Clinique, e nel pieno della campagna abbiamo notato che molti chiedevano come abbinarli al colore dei propri occhi. A quel punto abbiamo creato rapidamente dei contenuti per rispondere a questa esigenza e sono stati tra i più efficaci. Infine, rimane fondamentale avere una visione di dove si vuole condurre un brand. Una visione che bisogna poi saper raccontare sia internamente sia esternamente e che deve convincere, unire, rafforzare. In sostanza, non bisogna dimenticare di “fare il marketing delle strategia di marketing o di brand”, perché più gli stakeholders hanno chiara la direzione e più si è coerenti nelle decisioni che si assumono.
Ha già citato Clinique, non a caso visto che negli ultimi due anni è stato il brand cosmetico [make-up + skincare] che ha registrato la miglior crescita di quota in profumeria con uno sviluppo di oltre il +50%. Quanto ha pesato la strategia di marketing nel costruire questo risultato?
Clinique ha avuto senza dubbio un piano di lanci forte negli ultimi due anni, che ha contribuito molto a queste performance, però è innegabile che sia stata decisiva una nuova strategia di comunicazione che ha modernizzato il brand, accelerato alcuni fenomeni che iniziavamo a vedere negli US e reso estremamente in trend il marchio. È un percorso iniziato subito dopo il Covid sotto la mia direzione marketing, che abbiamo poi continuato nel mio ruolo attuale con il team. Abbiamo identificato dove volevamo proiettare il brand di lì a tre o quattro anni e abbiamo capito, “leggendo” il consumatore, che un brand dermatologico come Clinique doveva mostrare anche la sua efficacia makeup, avvicinarsi al consumatore, parlare in modo più autentico. Da lì abbiamo portato il marchio dove prima di allora non si era mai spinto – al Festival di Cannes, a quello di Venezia, al Festival di Sanremo – e iniziato a collaborare, oltre che con i dermatologi, che continuano a ispirare la nostra azione, con make-up artist e content creator, avvicinando così il brand alla Gen Z e rendendolo uno dei più cool e rilevanti del settore. È così che un marchio che è sul mercato da oltre 50 anni è diventato quello che negli ultimi due ha conquistato maggiori quote di mercato in profumeria. E lo ha fatto puntando sul suo core business, insieme ai retailer partner e costruendo una strategia marketing rilevante a 360° toccando con coerenza tutte le leve, coinvolgendo il personale, portando i trend nei punti di vendita. Questo aspetto è fondamentale, perché spesso il rischio è che la strategia di comunicazione sia lontana da quello che poi succede nei punti vendita e in distribuzione. Questo sviluppo lo abbiamo invece accompagnato, raccontato, fatto insieme alla distribuzione e questo è un modello di partnership fortemente riconosciuto.
Quali sono gli ingredienti fondamentali di un marketing vincente?
Il primo è avere una forte comprensione del brand e la capacità di estremizzarne il posizionamento, affinché questo risulti ben leggibile dall’esterno e che guidi le scelte dei team. Secondo, come dicevo prima, lo studio dei dati di sell out e del consumatore. Terzo, intuito e curiosità. Quarto, il sapiente utilizzo dei social media e dell’influencer marketing, sapendo aggiornarsi direttamente o tramite i propri collaboratori e i partner esterni. Quinto, la capacità di trasformare un piano comunicazione in un 360° marketing completo, coerente e rilevante.
Quale sarà la principale sfida futura per i marketers?
Ne citerei due. La prima è quel cambiamento di approccio al lavoro di cui parlavo prima. Tutte le grandi aziende dovranno capire come agire velocemente senza che questo imperativo diventi una fonte di stress per le persone che ci lavorano e di indebolimento del Dna e posizionamento dei brand. La seconda è l’intelligenza artificiale, di cui tanto si parla, ma sulla quale restano ancora degli aspetti da chiarire. Se da un lato, infatti, è una fonte di grandi opportunità sia per il consumatore che per le imprese, dall’altro non è ancora chiaro quali saranno i contorni legali, le garanzie di trasparenza, così come l’impatto sul mondo della comunicazione, compreso quello dell’influencer marketing.
Come Brand Director, che qualità cerca nei suoi responsabili marketing?
Curiosità e ambizione condivisa, che è una versione moderna dell’ambizione individuale. Il motto del mio team è Success is a team sport.