Philip Morris: per la sostenibilità serve una svolta culturale

È questo il vero cambiamento necessario perché si metta finalmente in atto la rivoluzione sostenibile. Ma i tempi sono finalmente maturi per un cambio di passo, assicura Eleonora Santi, direttore Relazioni esterne in Italia del gruppo, che su questo fronte lavora a 360 gradi

In quel lontano 1963, quando Philip Morris si stabilì a Bologna, chi avrebbe mai immaginato che il gigante globale del tabacco sarebbe diventato il campione di un mondo senza fumo? Abbiamo vissuto gli anni dei Marlboro Man, della Merit Cup, delle immagini di Reagan con una Chesterfield tra le labbra (prima della nomina a presidente degli Stati Uniti). Oggi di tutto questo resta traccia –forse – negli archivi delle agenzie pubblicitarie, perché la musica è cambiata. I nuovi campioni hanno i camici bianchi e lavorano nei laboratori sofisticatissimi di Crespellano, per mettere a punto tecnologie e prodotti rispettosi dell’ambiente e della salute.

Con oltre un miliardo di euro investiti fino a oggi, e la prospettiva di ulteriori 600 milioni? nei prossimi anni, Philip Morris Italia ha creato valore e sviluppo, nonché sensibilità per le tematiche sulla sostenibilità a 360°, come ribadito nell’ultimo rapporto 4 Capitali (cioè economico, sociale, cognitivo e ambientale) elaborato da Ambrosetti. Ne abbiamo parlato con Eleonora Santi, direttore relazioni esterne di Philip Morris Italia.

In che modo un’azienda come Philip Morris può incidere sull’educazione alla sostenibilità e l’impatto zero?
Nel nostro caso agire sulla sostenibilità significa innanzitutto gestire l’impatto sulla salute derivante dai nostri prodotti, modificando non un prodotto ma un’abitudine di consumo nel suo insieme. Per questo ci siamo impegnati a costruire un “futuro senza fumo”, che significa eliminare le sigarette nel più breve tempo possibile fornendo ai fumatori che non smettono prodotti alternativi senza combustione. Allo stesso tempo dobbiamo assicurarci che nel raggiungere i nostri obiettivi siamo in grado di garantire i più alti standard di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (Esg). Si tratta di aspetti che monitoriamo costantemente e su cui ogni anno pubblichiamo i nostri progressi all’interno del nostro “report integrato”. Nell’ultima edizione a metà del 2021, tra le altre cose, abbiamo assunto l’impegno di dotare, a partire dal 2023, il 100% dei nostri dispositivi elettronici senza fumo di tecnologie in grado di verificare l’età dei suoi utilizzatori, mentre sotto il profilo della responsabilità ambientale abbiamo confermato l’obiettivo di raggiungere la carbon neutrality come azienda entro il 2030 e come filiera produttiva entro il 2050. C’è un terzo aspetto su cui abbiamo lavorato molto in Italia negli ultimi tre anni, che riguarda l’inquinamento da mozziconi di sigaretta: dal 2019 finanziamo la campagna di sensibilizzazione Cambiagesto che, grazie al supporto delle associazioni Retake e Plastic Free, della Federazione Italiana Tabaccai e soprattutto di migliaia di volontari che hanno partecipato attivamente al progetto, ha portato a raccogliere solo nell’ultimo anno circa 190 kg di mozziconi e a distribuire oltre 270 mila porta-mozziconi tascabili.

Modalità di lavoro e sostenibilità, che tipo di soluzioni sono allo studio?
La pandemia ha ricordato a tutti come un ambiente di lavoro flessibile sia fondamentale per creare le migliori condizioni possibili e per garantire continuità al business. Da qualche settimana abbiamo deciso di strutturare, anche se era già parte della nostra “normalità” aziendale, una nuova modalità di lavoro in formula ibrida che permette ai dipendenti, a seconda del loro ruolo in azienda, di concordare fino a quattro giorni alla settimana di attività da remoto. In questa fase stiamo tutti imparando a gestire complessità nuove ed è difficile prevedere come evolverà lo scenario nei prossimi mesi. Ma possiamo dire che, dopo la prima fase della pandemia, abbiamo imparato a gestire qualunque flusso di lavoro con il supporto del digitale, con modelli che fino a qualche anno fa sarebbero stati impensabili.

Quanto sono sostenibili i processi produttivi industriali e la coltivazione del tabacco?
La nostra filiera è per molti aspetti un caso di eccellenza in tema di sostenibilità ambientale. Se prendiamo il caso dei nostri impianti produttivi a Bologna, sin dall’inizio abbiamo investito in una continua ottimizzazione dei processi e nella riduzione dei consumi energetici. Già oggi a Bologna usiamo energia prodotta al 100% da rinnovabili, nel corso degli anni abbiamo ridotto significativamente i consumi di CO2, abbiamo avviato diversi progetti per la mobilità sostenibile dei nostri dipendenti che hanno avuto benefici pratici anche per i cittadini delle aree limitrofe. Sappiamo che i buoni propositi non sono sufficienti e che oggi si parla sempre di sostenibilità anche per posizionamento e reputazione, quindi cerchiamo di ottenere riscontri obiettivi anche attraverso sistemi di certificazione da terze parti. Lo scorso ottobre abbiamo ottenuto il livello Gold della certificazione Alliance for Water Stewardship (Aws), che verifica la volontà dell’azienda di diffondere una cultura sull’utilizzo responsabile dell’acqua nelle aziende e istituzioni pubbliche operative all’interno del bacino idrico di approvvigionamento. Siamo la prima azienda in Italia a ricevere questo tipo di riconoscimento. A livello globale la sostanza non cambia: recentemente Philip Morris International è stata riconosciuta per il secondo anno consecutivo come leader ambientale globale da Cdp con il punteggio Tripla A, che riconosce le migliori prestazioni ambientali e la leadership dell’azienda nella lotta ai cambiamenti climatici, nella protezione delle foreste e nella sicurezza idrica. Anche in questo caso Philip Morris si colloca tra le poche imprese che hanno raggiunto questo prestigioso punteggio.

L’Europa sostiene che un’industria sostenibile passi per la digitalizzazione, è d’accordo?
La digitalizzazione è fondamentale, perché può accelerare e rendere più efficiente il processo. Credo, però, che il cuore della svolta green sia prima di tutto culturale: negli ultimi anni fortunatamente abbiamo assistito alla proliferazione del dibattito sull’ambiente, che è un dibattito che interessa tutti perché riguarda tutti. Con la consapevolezza ormai diffusa di quanto importante sia un cambio di passo, i tempi sono maturi per trasformare anche i nostri comportamenti. A cominciare dal livello individuale, spesso semplicemente uscendo da alcuni automatismi che sembrano irrilevanti. Per tornare sulla campagna Cambiagesto, pensiamo a quanto diffuso e accettato sia un gesto banale come quello di gettare per terra un mozzicone di sigaretta. Se tutti sapessero che il peso dei mozziconi di sigaretta che ogni anno vengono gettati nell’ambiente in tutto il mondo è di 800 mila tonnellate probabilmente guarderebbero a quel gesto con occhi diversi.

Le misure contenute nel Pnrr sono sufficienti nell’entità e nelle modalità di accesso?
Con il Pnrr l’Italia è protagonista di questa importante stagione e la sua governance deve porsi come modello per attrarre investimenti. Un’occasione storica e irripetibile innanzitutto per il Paese. Per questo riteniamo che debbano essere agevolati in ogni modo gli investimenti privati, così che le imprese possano dare il loro contributo come volano per la crescita dell’intero sistema Paese. Anche noi vogliamo fare la nostra parte continuando a dare il nostro contributo come azienda che ha a cuore il territorio in cui opera.

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