Ha chiamato la sua holding Only the Brave perché solo chi ha coraggio, solo chi osa, ha successo. E il suo marchio Diesel, termine internazionale, perché fin dal 1978 ha avuto un solo obiettivo: conquistare il mondo. Renzo Rosso, patron di un gruppo con un fatturato oltre gli 1,3 miliardi di euro, è stato di recente insignito a New York del Corporate Leadership Award dall’associazione Fashion Group International, un premio che si va ad aggiungere ai numerosi altri conquistati durante la carriera, vuoi per lo stile rivoluzionario delle sue collezioni, vuoi per l’ironia delle sue campagne di comunicazione. Che si tratti di jeans, alta moda o pubblicità c’è un elemento che caratterizza qualsiasi azione intrapresa dal manager: la grande passione. Il tutto unito a entusiasmo e capacità di visione. Ingredienti che lo portano oggi a raccontarci di nuovi progetti e strategie di crescita. Il segreto? Essere proprio come Diesel «innovativo, fresco, moderno, di qualità, “brave” e rock’n’roll».
Lei ha compiuto due imprese difficili, quasi impossibili: vendere da italiano bluejeans negli Usa e convincere chiunque che fosse giusto pagare anche 200 euro per un paio di jeans. Qual è la prossima mission impossible?
Intanto mi piacerebbe dire che non ho venduto un prodotto effimero a un prezzo altissimo, ma qualcosa di molto concreto e ben costruito. Detto questo la mia prossima impresa è portare il gruppo che rappresento a essere il più moderno tra tutti quelli del fashion. Per ottenere ciò dobbiamo ancora lavorare. Al momento abbiamo tanti marchi interessanti e bei prodotti, ma vogliamo che continuino a crescere. Questo significa che Diesel deve diventare un icon brand, Martin Margiela può crescere fino a diventare uno dei marchi più forti del mondo al quale appartiene, così come Viktor & Rolf e Dsquared2 possono diventare ancora più visibili.
In un’intervista di qualche tempo fa ha dichiarato: «Non bisogna mai fermarsi perché non appena ti fermi c’è qualcuno che ti passa davanti». Cosa significa?
Il modo della moda è davvero fantastico, ti tiene vivo. Non puoi fermarti e smettere di fare ricerca e non puoi abbandonare l’innovazione perché il cliente oggi è molto più preparato e meno fidelizzato che in passato. Se pensi di aver già imparato tutto, è allora che perdi quote di mercato.
Secondo quanto ha dichiarato recentemente la crisi ha avuto ripercussioni anche sul fatturato di Diesel. In che modo?
La crisi c’è e per tutti. Sono cambiate le esigenze e i consumi. Le persone oggi comprano meno vestiti ma molti più accessori e pensano maggiormente a divertirsi e a svagarsi. Chi fa vestiti per sopravvivere deve diventare più globale e ampliare la propria offerta verso prodotti nuovi per portare a casa risultati interessanti. Il fatturato di quest’anno dovrebbe essere in linea con quello del 2008, il che è positivo. Ma in questo periodo c’è un’incertezza tale che fare previsioni è molto difficile.
Questi risultati sono frutto del successo di prodotti non core, come i caschi creati con Agv, l’arredo con Moroso, l’illuminazione con Foscarini e il tessile casa con Zucchi. Conta di proseguire l’extension del brand Diesel?Siamo partiti con questi prodotti che stanno andando molto bene e ne siamo fieri. I caschi, per esempio, sono andati velocemente in sold out, tanto che abbiamo dovuto bloccare anche l’advertising. Anche se siamo ancora all’inizio ci sono molte possibilità di crescita. In particolare, abbiamo in cantiere due nuovi progetti: uno è il sogno della mia vita, ma non posso anticipare nulla.
Lo scorso anno la sua holding Only The Brave ha acquisito una partecipazione di maggioranza di Viktor & Rolf, che insieme a Martin Margiela e alle licenze di Dsquared2, Sophia Kokosalaki, Vivienne Westwood e Marc Jacobs uomo va a costituire un vero e proprio universo luxury. In che modo concepisce il lusso?
Oggi il nuovo lusso è quello che definisco contemporary, che ha un prezzo più basso ed è molto più portabile e confortevole. Il look è più fresco e moderno, con stampe, ricami e sovrapposizioni: si tratta di vestiti che possono essere indossati sia su un red carpet, sia per andare a prendere un aperitivo o lavorare. Per il lusso vecchio stampo vedo poche possibilità di ripresa.
Quali sono i marchi del lusso vecchio stampo?
Sono tutti i grandi brand “estabilished”. Se vogliono uscire da questo momento di crisi devono cambiare completamente la loro filosofia di interpretazione del prodotto.
E i marchi contemporary vincenti, anche non vostri?
Parliamo sicuramente di DSquared2, Martin Margiela e di Viktor & Rolf. Al di fuori del nostro gruppo un marchio che interpreta un mondo fresco e rivoluzionario potrebbe essere Rick Owens. Mi piace molto.
Cosa ne pensa di Just Cavalli?
Fa parte dei marchi estabilished, però devo fare i complimenti alla signora Cavalli che sta “rinfrescando” molto il suo prodotto.
Vista la crisi che ha causato la liquidazione di tante aziende titolari di brand che non sfigurerebbero nel portafoglio di Diesel, è il momento di fare un po’ di shopping?
In questo momento la mia scrivania è piena di brand che chiedono partecipazioni, principalmente per due motivi: il primo è di tipo finanziario perché molti hanno problemi di liquidità, il secondo invece riguarda la professionalità manageriale che abbiamo dimostrato nella gestione del business. Abbiamo dato prova di essere in grado di spaziare dal casual a look più evoluti, riuscendo a interpretarli sia in termini qualitativi e quantitativi, sia di sviluppo di prodotto, posizionamento e distribuzione nel mondo intero. Riusciamo a realizzare il jeans strappato e la giacca imbustata con dettagli fatti a mano, proprio come si faceva tanti anni fa. Non conosco tante altre realtà italiane che abbiano un know how così completo come il nostro.
Ha citato il problema di liquidità di molte aziende. Ritiene che il sistema bancario sia in grado di supportare la crescita e lo sviluppo delle imprese italiane?
Noi lavoriamo con una banca propria per cui non saprei rispondere. Penso che sia vero che le banche abbiano tagliato i finanziamenti alle imprese, ma è altrettanto vero che se un imprenditore ha qualcosa di formidabile tra le mani sicuramente ha la possibilità di emergere.
Diesel è prima di tutto vintage. Lo sono i capi di abbigliamento, lo stile degli accessori ecc. Perché?
Tutto ciò che è vissuto ha più carattere. È la stessa cosa che accade con una casa appena costruita e una vecchia. Quest’ultima riesce a darti molto più calore. È per questo che il nostro motto è da sempre realizzare progetti nuovi attraverso nuove tecnologie e riproporli con un look vissuto.
Diesel ha rivoluzionato il modo di intendere la comunicazione, tanto da relegare il prodotto in secondo piano rispetto al brand. È un discorso sempre valido?Come ha detto Phil Knight, fondatore di Nike, esiste l’advertising prima e dopo Diesel. Abbiamo cambiato il modo di comunicare. Noi abbiamo puntato, invece che su arroganza e opulenza, sulla simpatia e sulla creazione di un dialogo con il consumatore in modo tale da convincerlo a conoscerci e a capire chi siamo. Questo perché reputiamo il nostro interlocutore intelligente e in grado di scegliere quello che vuole. Stiamo preparando una nuova campagna che lanceremo tra circa sei mesi. Sarà trasversale tra i vari prodotti e mezzi, sarà sorprendente, “fuori di testa”, rivoluzionaria e “brave”. Non posso purtroppo anticipare di più.
Gli spot Diesel hanno vinto ogni genere di premi. Eppure oggi avete fatto una decisa scelta di campo a favore di Internet, pubblicità virali e Youtube.
Gli spot sono uno strumento molto costoso e con un limite: dialogano con un pubblico ampio, andando così a disperdere risorse che potrebbero essere impiegate per arrivare in modo mirato al consumatore. Il web, al contrario, evita questa dispersione e ha il vantaggio di essere molto più vero. È uno strumento eccezionale. Prendiamo per esempio il blog: non puoi raccontare che il tuo prodotto e la tua azienda sono i migliori, i più belli, se non è vero, perché altrimenti c’è subito qualcuno pronto a smentirti. Internet ci permette di instaurare un rapporto diretto e sincero con i nostri clienti, improntato all’onestà e alla lealtà ancora di più che in passato. In questo senso il mondo della comunicazione Diesel sarà sempre più orientato al web.
Lei ha sempre creduto nella creazione di punti vendita all’avanguardia. Solo a Milano avete creato la casa/negozio di 55Dsl, il Diesel Store con giardino zen e il ludico Diesel Kids. Lo scorso anno avete inaugurato invece un Diesel Planet Store, dove avete raggruppato tutti i prodotti in modo trasversale. È cambiato il modo di intendere il retail o questo negozio risponde a un’esigenza diversa?
Tutte e due. Con il Planet abbiamo mandato un messaggio chiaro, volevamo far comprendere che cosa il brand rappresenta in termini di stile di vita. Diesel, infatti, oggi non è solo abbigliamento, ma anche orologi, profumi, gioielli, caschi, lenzuola e molto altro. Questo perché il consumatore chiede che il marchio metta il proprio tocco e reinterpreti anche prodotti che non sono quelli originari. Il megastore risponde proprio all’esigenza di far conoscere e mostrare tutto il nostro universo. Per questo motivo ne abbiamo creati quattro, a Milano, New York, Tokyo e Hong Kong.
Abbiamo parlato di vini, profumi, accessori, hotel, radio, una web Tv… è tutta farina del suo sacco oppure fare buon business è anche e soprattutto capacità di scegliere e posizionare le persone giuste nei posti giusti?
Il punto di forza di Diesel è il suo team. Un gruppo di persone che lavorano insieme e che io ho la fortuna di guidare. Non è importante da chi proviene l’idea, può essere anche l’ultimo arrivato, ma è fondamentale che ci sia grande apertura da parte dei senior e disponibilità ad ascoltare e valutare tutte le proposte. Anche perché normalmente sono proprio i junior che portano le idee migliori perché sono più attuali, più vicine al mercato e alle esigenze moderne.
Il tema della sostenibilità ecologica sembra una costante per lei nella vita professionale come privata… Come si può trasformare la moda ecocompatibile da fenomeno di costume a strategia aziendale di lungo periodo?
Ci abbiamo provato un po’ in tutti a inserire nelle nostre linee prodotti organici, ma purtroppo essendo questi del 50% più cari dei tradizionali difficilmente hanno avuto uno sbocco commerciale. Ritengo che l’unica possibilità per l’ecocompatibilità sia creare una linea stand alone, dedicata, che venga distribuita solo nelle più grandi città al mondo. Sicuramente è un progetto che ci interessa. Appena finisce il periodo di crisi, potrei prendere questa opportunità in seria considerazione.
Lo scorso aprile, ospite in una trasmissione Tv, ha detto che Berlusconi stava facendo cose molto importanti e significative per il Paese. Oggi conferma questo giudizio?
Il nostro presidente ha avuto varie fasi, in genere mi sembra che i numeri globali dell’Italia non siano così male rispetto a quelli di altri Paesi europei. Quello che vorrei suggerire al nostro governo, e in generale a tutti i governi del mondo, è coinvolgere i giovani perché solo loro conoscono ciò di cui hanno bisogno. Non ha senso che persone di 90 anni votino leggi per i nostri figli. Cosa possono capirne dei loro problemi? Mi sembra ridicolo. Poi c’è una realtà fatta di attacchi a comportamenti che io non mi permetto di discutere perché ogni persona deve essere libera di fare quello che vuole nella sua vita privata. Sono molto orgoglioso di essere italiano anche se sono arrabbiato con quell’Italia spinta sull’effimero dove vengono valorizzate notizie stupide, scandali e si portano in Tv in prima serata persone che hanno compiuto misfatti solo per fare audience. Questo è veramente deleterio da parte di chi gestisce i media. Anche perché in questo modo si educa in modo sbagliato.
Quali interventi politici ritiene siano necessari per supportare le imprese italiane?
Penso che si potrebbe fare tantissimo. L’Italia ospita una grande percentuale dei monumenti a livello mondiale, abbiamo chilometri e chilometri di costa ma non riusciamo a sfruttarli. Siamo solo la quinta nazione per turismo in Europa. L’Italia potrebbe essere un Paese fantastico, ma è necessario realizzare interventi a monte. Prima di tutto ripensare il sistema educativo nelle scuole: è necessaria una formazione molto più attuale e realistica. Bisogna eliminare il clientelismo, i voti e le lauree comprate. Gli insegnanti devono fare il loro lavoro e non lavorare la metà rispetto a molti altri dipendenti. Potrebbero dedicare parte del tempo all’insegnamento e parte allo studio e alla preparazione delle lezioni, in chiave però attuale e moderna.
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