Human to human. L’interazione tra persone. I bisogni. Le emozioni. Lo scambio, il dialogo, il confronto. No, la comunicazione non può essere solo prodotto, fatturato, ricavi, margine operativo. Che poi, certo, si traduce in servizio, prestazioni, comfort. Accessori, chilometri, design, colore, ma non basta. «Il cliente è prima di tutto un essere umano, ha bisogno di capire che il marchio trasmette dei valori, un’emozione, deve potersi fidare. Questa è la nostra nuova postura nei confronti del mercato e lo abbiamo compreso con la pandemia che ha ribaltato schemi consolidati». Parole e pensieri di Roberto Olivi, direttore comunicazione di Bmw Italia. Un brand iconico nel mondo dell’auto. Sinonimo di affidabilità, tipico della storica tradizione tedesca. Eppure, col Covid e poi con la rottura tra Est e Ovest del mondo certificata dall’invasione russa dell’Ucraina, la comunicazione è uscita stravolta. Sono emersi nuovi bisogni, nate nuove insicurezze, c’è bisogno forse di messaggi più rassicuranti con questo nuovo mondo diviso in blocchi e una guerra nel cuore dell’Europa.
Com’è cambiato il modo di comunicarvi all’esterno?
Abbiamo compreso che il processo di digitalizzazione con la pandemia diventava dirompente. Così anche l’esperienza del consumatore ne usciva radicalmente cambiata. Un cliente che ormai slitta da un canale all’altro senza soluzione di continuità. L’unica strategia possibile diventa appunto l’omnicanalità. Dove online e offline diventano on-life, s’integrano alla perfezione tra sito, app, piattaforme social, concessionari fisici ed eventi.
Approccio ineludibile, però il consumatore rischia di diventare così ancora più ondivago, infedele, ha un accesso illimitato a una serie infinita di fonti e applicazioni, messaggi dissonanti e concorrenti, come catturare la sua attenzione?
Deve poter entrare in contatto col marchio sul terreno delle emozioni. Col Covid abbiamo compreso che ci mancava terribilmente salutarci, abbracciarci. Questo si è trasferito nella società, c’è un bisogno di essere compresi, coccolati. Era giunto il momento di “scaldare” la comunicazione. Di renderla umana. Human to human, dal famoso saggio di Bryan Kramer. E allora noi di Bmw Italia abbiamo ideato un progetto diventato un benchmark globale, tanto che in molti sono venuti qui a Milano, nella nostra House of Bmw inaugurata il 7 dicembre 2021 in via Verri proprio in occasione della Prima della Scala di cui siamo partner, per vedere che cosa significa questo nuovo modo di comunicare.
Perché è diverso dal passato?
Non volevamo realizzare il classico concept store, volevamo creare un luogo dove far incontrare le persone, incontrare i partner, organizzare presentazioni di libri, mostrare i prodotti legati alla mobilità sostenibile. Abbiamo attivato un percorso molto lungo, di circa un anno, con oltre 170 attività, e alla fine hanno partecipato complessivamente ai nostri eventi circa 15 mila persone. Abbiamo cambiato la Corporate Identity con materiali diversi, sostenibili, abbiamo cambiato anche i colori, abbiamo creato un luogo caldo ed emozionale. In un mondo in continua evoluzione volevamo affrontare il futuro con una mentalità positiva, guardando anche al passato per inspirarci come nel caso della mostra The Italian’s touch.
Di cosa si tratta?
Abbiamo raccontato i profili degli italiani che hanno contribuito a fare la storia della Bmw: designer, creativi, piloti, esperti di marketing, manager della sostenibilità. The Italians’ touch ha assunto il format di una mostra, una storia, sul talento italiano come metafora del nostro potenziale di oggi. Ma l’obiettivo dell’iniziativa è andato oltre l’apprezzamento delle eccellenze italiane che venivano celebrate. Ha voluto rappresentare un messaggio di stimolo per le persone di Bmw Italia a continuare a fare la differenza, soprattutto in questa fase di profonda trasformazione del mercato, della tecnologia e del modello di business. Per esempio, con il nostro Creative Director Sound del Gruppo, Renzo Vitale abbiamo raccontato il suono delle auto del futuro. Perché in un mondo che sarà presto dominato dal silenzio della mobilità elettrica, il suono continuerà a essere un tratto capace di fare la differenza.
E avete finito per convincere anche la casa madre a Monaco di Baviera?
Sono tutti rimasti colpiti. Sono venuti il direttore marketing global, il nostro amministratore delegato Oliver Zipse, entusiasti per quello che la creatività italiana era riuscita a sviluppare con un grande lavoro di team che ha coinvolto tutta l’azienda. E alla fine questo modello è stato trasferito a Tokyo, dove ha aperto un luogo simile a inizio anno, mentre un’altra casa Bmw verrà inaugurata a Manhattan, New York, a breve.
E poi avete “raddoppiato” in via Montenapoleone a Milano: la città stimola il vostro ingegno?
Abbiamo inaugurato questo spazio fisico all’aperto, la nuova House of Bmw, col Salone del Mobile di quest’anno, per creare un contatto immediato con le persone. L’hanno visitato 20 mila persone in una settimana nella Design week, all’interno della quale abbiamo proposto una riflessione sulla creatività e l’approccio circolare al business.
Che cosa significa?
Che bisogna pensare l’intero processo dall’inizio alla fine. Dall’energia che si sceglie fino al fine vita del prodotto. Ogni pezzo, prodotto, componente, deve essere riutilizzato, riciclato, re-immesso nel ciclo produttivo per non impattare sull’ambiente. Per farlo stiamo coinvolgendo la nostra intera catena del valore, tutti i nostri fornitori in modo da cambiare radicalmente i parametri di sostenibilità con cui valutiamo i nostri processi produttivi. Entro il 2030 abbatteremo del 40% le emissioni di CO2, entro il 2050 raggiungeremo la neutralità carbonica. È un cambiamento che investe ognuno di noi, ci spinge a modificare il nostro modo di pensare, per far sì che nulla venga consumato senza poter essere riutilizzato in qualche modo. Ogni prodotto o servizio va pensato in un ciclo di vita integrato. Che la sua obsolescenza possa essere un valore per continuare a vivere in una fase diversa.
Sarà diventato complicatissimo assumere persone all’altezza: i cambiamenti sono così veloci che diventa difficile stare al passo con i tempi. Come scegliete i professionisti che possono far parte del gruppo Bmw?
Prenderei in prestito una celebre affermazione di Herb Kelleher, uno dei co-fondatori della compagnia aerea americana Southwest Airlines: «Assumi per attitudini, allena le competenze». Bisogna trovare i candidati che abbiano le attitudini e le inclinazioni giuste per lavorare, poi il resto si impara, si affronta insieme il modo di affrontare il business in un mondo in continuo cambiamento.
Avete di recente stretto alcune partnership con società sportive: è in linea col messaggio da dare al vostro pubblico?
Crediamo che l’accordo con AC Milan vada proprio in questa direzione. Crediamo nello sport, nel dialogo, nell’integrazione tra culture. Come nel caso, ad esempio, del progetto di inclusione sociale che abbiamo sviluppato con i nostri concessionari, la onlus Insuperabili e con il supporto del Milan. La partnership, poi, si pone anche l’obiettivo di intraprendere un percorso evolutivo che tenda alla promozione della mobilità sostenibile, sia internamente che esternamente al club, in modo da favorire una maggior consapevolezza su temi fondamentali come la riduzione dell’impatto ambientale e l’importanza di un approccio circolare al business. Noi affrontiamo tutti questi temi attraverso il progetto Bmw SpecialMente, nato nel 2014, ma che comprende iniziative avviate fin dal 2003, siamo impegnati da anni per creare valore per la società e sostenere progetti che favoriscano l’inclusione, l’interculturalità e la sostenibilità sia ambientale che sociale.
Questa intervista è tratta dallo speciale Comunicare è un’impresa, inserto di Business People di settembre. Scarica il numero o abbonati qui