Questa è un’epoca di mutamenti continui in cui il new normal, che molti rincorrono speranzosi, in realtà è una chimera. La quantità e qualità dei cambiamenti in atto costringe le aziende a pensare a un nuovo mondo, a un nuovo mercato, a nuovi modi di lavorare, a nuovi paradigmi di pensiero e, quindi, a nuovi modi di progettare la formazione. Le imprese, cambiando i loro modelli di business (incentrati sempre più sul cliente e non più sul prodotto) richiedono alle persone la capacità di adattare, molto più spesso trasformare, le proprie competenze. Un’evoluzione questa, partita già in pre-pandemia, che rende aziende e persone consapevoli della necessità di un apprendimento continuo e autonomo.La formazione, quindi, si è trasformata in campo di apprendimento, con ambienti e modalità diversi dove si sono moltiplicate le opportunità di acquisizione e allenamento delle competenze – dai corsi in presenza alle video lezioni in diretta e on-demand, fino alle app di micro-learning – ed è cambiato l’approccio con il quale le organizzazioni disegnano e implementano la formazione, in alcuni casi dando maggiore enfasi ai processi di autosviluppo.
«Le imprese non dovrebbero più imporre corsi da seguire, ma aiutare le persone a individuare le competenze più richieste dal mercato e favorire la loro crescita professionale con un’offerta diversificata e di qualità», sottolinea Barbara Rosà, HR Development & Internal Communication Director di Sisal, azienda all’avanguardia sul fronte dell’open learning e dell’autoapprendimento. «Per noi il tema dell’employability è oggi al centro della strategia aziendale. Sisal è una realtà che offre tante opportunità di apprendimento a sostegno dell’impiegabilità dei propri collaboratori, sensibilizzando tutti a rimanere attivi e spendibili in un mercato del lavoro in costante evoluzione. Per l’azienda significa fornire strumenti di crescita continua; per le persone significa consapevolezza delle necessità di investire sul proprio sviluppo, per accrescere professionalità e risultati e adattarsi con rapidità ai cambiamenti richiesti dall’ambiente interno/esterno.
Perché ponete tanta attenzione alla possibilità che una persona rimanga spendibile sul mercato del lavoro?Perché riteniamo che un’azienda possa crescere solo se riesce ad aumentare il valore professionale e umano delle proprie persone. Questo vuol dire investire sulle competenze tecniche, ma anche e soprattutto sulle soft skill, ovvero quelle capacità relazionali e comportamentali che caratterizzano il modo in cui ci si pone nel contesto lavorativo e che sono trasversali a qualsiasi ruolo e livello organizzativo. Sono queste competenze, individuate anche da think tank come il World Economic Forum, che permettono alle persone di dare valore a sé stesse in primis e al contributo che possono offrire in azienda. È un concetto fondamentale, per certi versi sembra paradossale: si investe sull’apprendimento delle persone, elevandone le competenze e rendendole competitive sul mercato, assumendosi il rischio di perdere risorse di qualità. Se però è vero che le aziende sono attori attivi della nostra società, curarsi dell’employability delle persone è anche un tema di responsabilità sociale d’impresa. La formazione e l’aggiornamento garantiscono alle persone l’occupabilità in un mercato competitivo per tutto il ciclo di vita lavorativo. Dobbiamo quindi pensare non tanto a cosa succederebbe se investissimo nel loro apprendimento e poi se ne vanno, ma cosa succederebbe se non lo facessimo.
Questa intervista è tratta da Formazione permanente, inserto di Business People dedicato al life long learning. Puoi leggere l’inserto sul numero di maggio 2022 o in versione digitale (iOs e Android)
La vostra offerta formativa porta vantaggi anche sul fronte di retention e talent acquisition?Assolutamente sì. Le aziende che basano il proprio sviluppo su modelli di competenze future-proof, dialogano con questi modelli nell’intero ciclo di vita delle persone in azienda. A partire dal come ci si racconta all’esterno con le strategie di employer branding, a cosa guardiamo in fase di selezione e cosa misuriamo in termini di performance e crescita all’interno dell’azienda. Nel disegnare la nostra offerta formativa, raccogliamo feedback continui dalle persone, non da ultimo stiamo rivedendo alcune progettualità con il loro coinvolgimento diretto. Questo approccio permette alle persone di sentirsi davvero al centro del proprio apprendimento, diventandone l’attore principale e non uno spettatore passivo. Il valore dei percorsi formativi è direttamente proporzionale alla capacità dell’azienda di coinvolgere i collaboratori sin dalla fase di ideazione degli stessi, creando una proposta capace di andare incontro a più esigenze formative. Per questa ragione, in Sisal la persona può apprendere attraverso canali di ogni genere, dalle aule classiche online o dal vivo, all’apprendimento asincrono su piattaforme digitali, alla biblioteca per coloro che preferiscono documentarsi sui libri cartacei.
Come può un’organizzazione mantenere l’interesse sulle attività di apprendimento proposte?È questa oggi la vera sfida! Mantenere l’interesse attivo sul continuo re-skilling e up-skilling è un tema non solo legato ai processi di apprendimento degli adulti, ma anche un importante tema generazionale. Le persone non hanno una piena consapevolezza delle competenze necessarie per il mestiere che ricoprono ora, tantomeno per quello che potrebbero ricoprire un domani. L’azienda è quindi chiamata a tracciare la strada e indicare quali saranno le skill del futuro, anche se potrebbero non coincidere con le esigenze di sviluppo e formazione di ogni singola persona. Nel fare ciò, un’organizzazione come la nostra, che si compone di quattro generazioni diverse e quindi anche da modalità e interessi diversi in termini di apprendimento (il 54% della popolazione aziendale Sisal è Millennial, mentre è in crescita la Generazione Z, che oggi rappresenta il 4%, ndr) deve comprendere come adattare la propria offerta in tal senso, ma anche come accompagnarla attraverso una comunicazione efficace.
Si è parlato di soft skill, ma quali sono le competenze da sviluppare da qui ai prossimi anni?Ce ne sarebbero tante da citare ma, tra le prime per importanza, direi il problem solving e il pensiero innovativo, cioè la capacità di capire e interpretare la complessità della realtà per trovare risposte più efficaci anche in situazioni difficili, generando idee e soluzioni migliorative. Hanno e avranno poi un posto d’onore le competenze relazionali, così come la capacità di ascolto attivo che la “fretta” di quest’epoca fa spesso perdere o cadere in secondo piano e che, invece, aiuta a mantenere sane relazioni interfunzionali: la capacità che i più giovani chiamano “comunicazione off-line”. E ancora, la capacità di gestire i conflitti che porta con sé il tema del controllo emotivo, diventato più fragile con la pandemia. Infine, la change e la learning agility: nell’ordine, la capacità di cavalcare i cambiamenti e vederli come un’opportunità e la capacità di apprendere dalle esperienze per muoversi con successo in situazioni difficili.
Ha affermato che è l’azienda a fornire un orientamento sul fronte della formazione. Avviene anche il contrario?È fondamentale in questo contesto instaurare un dialogo con i colleghi, il proprio capo e l’intera organizzazione. In Sisal stiamo adottando un approccio di co-design, cioè di co-creazione dei progetti di learning. Ad esempio, stiamo rivisitando con un gruppo di giovani e con un gruppo di manager l’intera cornice di apprendimento loro dedicata. Capita anche che sia un team di lavoro a portare alla nostra attenzione un’esigenza; in questo momento abbiamo aperto un tavolo di lavoro sulle piattaforme LMS (learning management system, ndr) in collaborazione con la direzione ICT (vedi box). È corretto seguire i trend e documentarsi con studi e ricerche sulle competenze del futuro, ma è altrettanto importante coinvolgere le persone e chiedere loro cosa si aspettano in termini di modalità e contenuti. Perché per stimolare l’apprendimento in età adulta è necessario creare un forte legame tra i bisogni personali e quelli aziendali, creare consapevolezza da questo punto di vista è la base per accompagnare le persone verso un processo di apprendimento che sia funzionale al contributo che danno oggi in azienda, ma anche verso ciò che li attenderà nel proprio futuro professionale.
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