Spalanchiamo le porte dell’Italia al mondo

Stavolta si gioca in attacco, perché il nostro Paese ha deciso di investire sul proprio futuro. L’occasione è l’Expo 2015: sei mesi in cui saremo sotto i riflettori internazionali. Così, potremo cogliere la chance per prendere la rincorsa e uscire dallo stallo. Ne abbiamo parlato con Diana Bracco, presidente di Expo e commissario del Padiglione Italia

La ripresa è fragile, ma fattibile. Lo spread in calo. I mercati più ricettivi. E anche se i giudizi delle varie agenzie di rating nei confronti dei nostri conti pubblici non volgono ancora al bel tempo, quanto meno sono meno disposti a rifilarci fulmini e saette. Come dire: il sistema Italia non migliora, ma neanche peggiora. Il che, vista la deriva catastrofista che aleggia da troppo tempo sul nostro presente, è già qualcosa. A dire il vero, più che di sostanza è un fenomeno psicologico, per alcuni legato all’“effetto Renzi”, ma – cosa sia o non sia – d’accordo come siamo con Vilfredo Pareto quando sostiene che «Fondamento dell’economia politica e in generale di ogni scienza sociale è evidentemente la psicologia», dobbiamo tenercelo stretto. Perché, se sapremo anzi alimentarlo, potrebbe essere l’occasione giusta, soprattutto in vista dello shock addizionale che, per l’intero Paese, si appresta a esercitare un evento mondiale del calibro dell’Expo 2015. Una sorta di grande rincorsa, uno slancio che la Penisola potrebbe prendere se saprà giocare al meglio le sue carte sul palcoscenico internazionale. Perché se i numeri parlano di un investimento pari a 2,6 miliardi di euro (1,3 da risorse pubbliche, 1,3 da investimenti delle aziende e dei Paesi) nonché di un giro d’affari di 25 miliardi, prospettando 20 milioni di visitatori, con 147 nazioni partecipanti – oltre 60 delle quali costruiranno un padiglione –, sarà l’aspetto impalpabile, quello emozionale e legato al messaggio che l’immagine dell’Italia sarà capace di trasmettere al mondo a giocare un ruolo fondamentale. Certo, non tutto è filato e sta tuttora filando liscio, molte cose rimangono da fare, ritardi e perplessità si sprecano, per non dire delle inchieste giudiziarie che stanno toccando alcune aziende coinvolte nei lavori, ma – a 12 mesi dall’inaugurazione – l’Expo rappresenta ormai una realtà tangibile. Alle cui leve di comando si trova una signora dell’industria farmaceutica italiana, Diana Bracco, già presidente e amministratore delegato dell’omonima multinazionale ma – soprattutto – presidente dell’intero evento nonché commissario generale del Padiglione Italia. Come dire? Dal 1° maggio al 31 ottobre 2015 sarà lei la “padrona di casa” per il Made in Italy che graviterà intorno all’esposizione.

Presidente Bracco, al di là dell’indubbio prestigio e riconoscimento che la carica comporta, perché un’imprenditrice che deve gestire un’azienda che ha un fatturato di 1,2 miliardi di euro ed è presente in 90 Paesi, accetta la nomina di presidente di Expo e di commissario del Padiglione Italia? Ha dovuto prendersi le ferie dal Gruppo Bracco?Ferie? Le ho abolite fino al 2016. Oggi con l’Expo lavoro semplicemente il doppio, devolvendo, peraltro, il mio emolumento di 40 mila euro lordi all’anno a una fondazione benefica. Il mio impegno per Expo 2015 parte da lontano ed è un pesante onere, ma anche un grande onore. Come presidente di Assolombarda, in un’epoca in cui pochissimi ci credevano, mi ero battuta con forza a favore della candidatura di Milano, perché da imprenditrice avevo capito che l’evento sarebbe stato uno straordinario volano anticiclico di crescita. Dopo la vittoria su Smirne, alle istituzioni locali e al governo parve naturale affidarmi un ruolo nella gestione di questo grande progetto.

Può approfondire il concetto di anticiclicità dell’esposizione?Expo aiuterà l’Italia a lasciarsi alle spalle la più lunga crisi economica dal Dopoguerra. In un momento di crisi l’Expo è diventata ancor più importante perché rappresenta uno dei pochissimi progetti di sviluppo. Tra l’altro, come successe nel 1935 per gli Stati Uniti, la nostra potrebbe essere la prima Esposizione Universale dopo difficili anni di crisi. Gli stessi cittadini hanno capito che l’evento creerà lavoro, che sarà un’occasione per attrarre investimenti e dare visibilità ai prodotti del Made in Italy in nuovi mercati, e che darà una spinta propulsiva a tante attività industriali, di servizio, commerciali e turistiche.

In occasione delle recenti nomine per le più alte cariche delle aziende di Stato, è stato contestato che alle donne siano andati ruoli di rappresentanza, le presidenze appunto, mentre come amministratori delegati sono stati nominati tutti uomini. Lei, come presidente di Expo, si sente un po’ uno specchietto per le allodole?Non credo che manager e imprenditrici del livello di Marcegaglia o Bastioli possano essere definite in quel modo. Sbaglia chi vede sempre il bicchiere mezzo vuoto, e comunque in molti sottovalutano il ruolo del presidente dell’Eni.

Nello specifico, quali obiettivi si è posta accettando il ruolo di presidente della manifestazione e di commissario per il Padiglione Italia?La mia missione è stata fin dall’inizio quella di mobilitare i territori e l’intero sistema produttivo. L’Esposizione Universale è un trampolino unico per risalire la china riposizionando nel mondo il nostro Paese e il Made in Italy. Questa è la nostra chance di giocare finalmente in attacco e non in difesa per la competitività, l’occasione di superare la paura del futuro, un’iniezione di orgoglio e fiducia per gli italiani. Come presidente della società Expo prima, e poi come commissario del governo per il Padiglione Italia ho inseguito un unico grande obiettivo: fare di questo evento il momento della rinascita e della ripartenza per tutto il Paese. Come? Con il rilancio del nostro turismo e con l’incremento delle quote di export delle nostre grandi filiere produttive. Una rete di distretti e di eccellenze che spesso non riusciamo a portare all’estero come meriterebbero.

Lei in Bracco è presidente e amministratore delegato, quale aspetto della sua esperienza aziendale le sta tornando particolarmente utile nella gestione di un evento così complicato?Anzitutto la necessità di circondarsi di bravi collaboratori, che è il prerequisito per portare al successo una qualunque impresa. E poi l’impegno nel fare rete, nell’essere coesi e uniti, perché solo così si possono superare le difficoltà e dare il meglio.

Cosa significherà per Milano e per l’Italia essere per sei mesi il fulcro mondiale del cibo?Con il suo tema, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, Expo 2015 vuole porsi come pietra miliare nel dibattito planetario sui problemi dell’umanità nel terzo millennio: cibo, risorse e sostenibilità. Oggi più che mai c’è bisogno di fare il punto sulle innovazioni che tutelano la salute del consumatore finale; sulle tecniche per il miglioramento della produzione agricola e per la conservazione e la valorizzazione delle bio-diversità; sull’educazione alimentare, sulla lotta agli sprechi e così via. Ecco perché l’appuntamento globale di Milano è un’occasione utile e irripetibile. Il tema dell’Expo permetterà all’Italia di valorizzare le sue numerosissime eccellenze produttive, tecnologiche e scientifiche in settori con un alto potenziale di crescita legati proprio allo sviluppo sostenibile, alle energie rinnovabili e, naturalmente, all’industria alimentare. In questo senso il modello alimentare italiano e l’Italian lifestyle, fatti di qualità, bellezza, gusto, rispetto dell’ambiente, sostenibilità delle produzioni, dieta equilibrata e convivialità, possono fornire un esempio al mondo intero.

C’è il rischio che sia un volano solo per il Nord del Paese. Come si sta muovendo il sistema Paese al fine della riuscita dell’evento?Expo è una grande priorità nazionale, un progetto che Milano ha messo a disposizione di tutto il Paese e del quale beneficeranno tutti i territori del Sud come del Nord. L’esposizione sarà infatti una grandissima promozione dell’Italia intera: abbiamo intenzione di invogliare i visitatori a girarla tutta, a conoscerne le bellezze d’arte e di paesaggio, dopo averle “assaggiate” nel sito espositivo. In particolare, il padiglione rappresenterà l’immagine di tutte le nostre regioni e sarà un luogo dove tutti i territori potranno esprimersi al meglio. Per queste ragioni, il progetto espositivo e il palinsesto dei mille e più eventi che animerà per sei mesi lo spazio di Palazzo Italia e del Cardo – dai grandi convegni scientifici agli incontri economici – lo stiamo costruendo con tutte le istituzioni nazionali e locali. Abbiamo coinvolto e raccolto suggerimenti dai diversi ministeri, dalle regioni, dalle città, dalle università e naturalmente dalle forze sociali ed economiche in una logica di servizio alla crescita del Paese.

Quale sarà l’impatto diretto in termini economici sul Paese di Expo?Un recente studio commissionato dalla Camera di Commercio di Milano alla Sda Bocconi, ha dimostrato che l’Esposizione sarà un’occasione concreta di crescita economica e occupazionale non solo per il Nord, ma per tutto il Paese. Secondo la ricerca i posti di lavoro creati tra il 2012 e il 2020 da Expo saranno 191 mila, così suddivisi: 102 mila a Milano, 27 mila nelle altre province lombarde e 62 mila nelle diverse Regioni italiane. La stima dell’occupazione generata tiene conto degli investimenti di Expo spa, dei Paesi partecipanti, dell’aumento dei consumi legato ai milioni di visitatori, e dell’incoming turistico. Fino al 2015 l’occupazione attivata da Expo riguarderà principalmente il settore delle costruzioni e del comparto industriale, invece nel corso dell’evento sarà la volta di turismo, servizi all’impresa, eventi e servizi alla persona. Sul territorio nazionale la produzione aggiuntiva prodotta da Expo sarà di 23,6 miliardi di euro di cui 15,8 a Milano e Lombardia. Complessivamente questo volume d’affari genererà in Italia un valore aggiunto, cioè un margine economico effettivo al lordo delle tasse, di 10 miliardi.

Perché allora persiste un certo scetticismo?I dati che ho appena citato mi sembra che dovrebbero convincere anche i più scettici. Peraltro noi italiani siamo un popolo particolare: tanti Expo scettici ci spediscono ugualmente il curriculum del figlio sperando in una opportunità di lavoro… In generale, mi sembra che dopo anni difficili il clima intorno alla manifestazione sia decisamente cambiato. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi ci sostengono autorevolmente e sempre più italiani stanno capendo l’importanza e l’utilità di ospitare un evento globale. Noi stessi abbiamo avuto modo di toccare con mano in tutta Italia che l’Expo è vissuto con entusiasmo e molte aspettative da gran parte della popolazione. Per la definizione dei contenuti del Padiglione Italia, infatti, abbiamo realizzato, insieme a Giuseppe De Rita del Censis, Aldo Bonomi di Aaster e Marco Balich, un ciclo di seminari interregionali di progettazione partecipata. In ogni tappa del nostro Giro d’Italia, che ci ha portato a Fabriano, Ferrara, Vercelli, Palermo, Martina Franca e Cagliari, hanno parlato centinaia di protagonisti della vita istituzionale, sociale e produttiva delle varie regioni, trasmettendoci tante buone idee e una grandissima iniezione di fiducia.

LE PASSIONI DI DIANA BRACCO

VISTO IL TEMA DELL’EXPO, NON POSSO NON CHIEDERLESE PER LEI IL CIBO INCARNA ANCHE UNA PASSIONE Mio marito (scomparso circa due anni fa, ndr), originario del Monferrato, era un appassionato produttore di vino e io ho condiviso questo suo amore per l’azienda chiamata “Botolo” che ha tra l’altro nell’etichetta un cagnolino. Proprio i cani sono un’altra mia grande passione.

SO CHE AMA L’ARTE… È vero. Nonostante il lavoro per l’azienda e l’Expo, mi sforzodi trovare comunque il tempo per visitare una mostra d’arte o andarea un concerto alla Scala o a Salisburgo. L’arte è da sempre una mia grande passione: i miei genitori, la mia professoressa del Liceo Parini e mio marito hanno avuto ruoli decisivi nel mio rapporto con il mondo dell’arte. Durante gli anni della scuola passavo lunghi periodi d’estate in viaggi culturali in Italia alla scoperta di chiese, palazzi e musei. Questa passione per la cultura è nel Dna della mia famiglia e non a caso al centro della mission della Fondazione Bracco abbiamo messo proprio promuovere l’arte, la scienza e la cultura, tramandando alle giovani generazioni questi valori.

Che ricadute turistiche può avere per il nostro Paese l’arrivo di 20 milioni di persone?L’Expo si sta dimostrando uno straordinario attrattore di capitali stranieri. La Repubblica Popolare Cinese, ad esempio, sarà presente all’Expo di Milano con ben tre padiglioni: quello istituzionale nazionale, che si estende su 4.600 metri quadrati, quello corporate del colosso immobiliare China Vanke (affidato all’archistar Daniel Libeskind) e un terzo che sarà nominato China Enterprise Joint Pavilion. La Germania, invece, ha già stanziato 40 milioni di euro, e gli Emirati Arabi il doppio. Anche perché, nel 2020, l’edizione dell’Esposizione Universale successiva a quella di Milano sarà proprio lì, a Dubai. Gli investimenti esteri stimati supereranno 1,3 miliardi di euro, una cifra equivalente a quella investita dall’Italia. Anche per questo non mi stanco mai di ripetere che i soldi stanziati per l’Expo sono un grande investimento per il futuro e non un costo. Ecco perché l’evento deve rappresentare una grande missione-Paese, che sia di rilancio della nostra immagine globale e di aiuto alla crescita del contributo del settore turistico al Pil. Nel 2012 il contributo del turismo al Pil italiano è stato di 161 miliardi di euro (11%), occupando circa 2 milioni 700 mila addetti. Secondo l’Istat, solo nel 2012, gli arrivi in Italia sono stati circa 104 milioni, di cui il 79,7% negli esercizi alberghieri. Con Expo puntiamo nel 2015 a portare il contributo del turismo a 180 miliardi. Per il nostro Paese deve diventare un vero asset strategico e, in vista del 2015, occorre lavorare perché l’Italia non solo si confermi come meta per eccellenza, ma risalga anche la classifica della World Tourism Organisation in maniera stabile e duratura.

Così presentata, Expo sarebbe un’occasione storica per risollevare l’immagine del Paese.Nel 2015 Milano e l’Italia saranno al centro dell’attenzione del mondo. Durante il semestre dell’Esposizione arriveranno oltre 120 capi di Stato, con delegazioni ufficiali e missioni economiche per incontri B2b. Milano e l’Italia diventeranno il “place to be” del 2015, il luogo in cui bisognerà essere. L’Expo 2015 si traduce in una vera e propria missione-Paese. Il Padiglione Italia dovrà essere anche la “porta d’ingresso” dell’intera nazione, una straordinaria piattaforma di relazioni internazionali e un brand formidabile che potrà aiutare il nostro Made in Italy a penetrare nuovi mercati e a trovare ulteriori opportunità di crescita. L’obiettivo è fare qualcosa di alto, di attrattivo, che dia prestigio all’Italia e catturi risorse. Il Padiglione Italia dovrà essere in sintonia con la vocazione culturale, sociale ed economica del sistema Paese, dando vita a una vera joint venture con le istituzioni nazionali e regionali, i territori e le imprese.

Le “disavventure” di Infrastrutture Lombarde come influiscono sul vostro lavoro?Il rispetto della legalità è il primo obiettivo delle persone che lavorano all’Expo. Tutte le contromisure necessarie per evitare ogni possibile infiltrazione criminale e mafiosa sono state attivate da tempo. Da subito, ad esempio, il consiglio di amministrazione ha nominato l’organismo di vigilanza, che avrà un ruolo di controllo sul modello previsto dal DLgs 231. Il fatto che possibili comportamenti illegali o infiltrazioni mafiose e camorristiche siano insite in un progetto che muove ingenti risorse economiche, non può impedire all’Italia di pensare al futuro e di mettere in campo iniziative per il suo rilancio.

Secondo una recente indagine Ipsos, soltanto il 9% delle aziende italiane ritiene utile la manifestazione ai fini del proprio business. Da imprenditrice come spiega un simile atteggiamento?Io ho toccato con mano una situazione molto diversa. Il lungo elenco di sponsor che hanno deciso di impegnarsi in Expo o nello stesso Padiglione Italia testimoniano un crescente interesse delle imprese e delle associazioni imprenditoriali di tutti i settori produttivi verso la manifestazione.

Come i vari settori industriali dovrebbero attrezzarsi al meglio per approfittare del volano dell’evento? C’è già chi si sta muovendo meglio di altri? Chi dovrebbe recuperare terreno?

La filiera del vino e dell’agroalimentare sono in prima linea, ma c’è spazio per tutti. Gewiss, ad esempio, ha stipulato un contratto importantissimo per l’illuminazione e la domotica del Padiglione Italia e dell’intero Expo.

Cosa può e deve mutuare l’Expo da manifestazioni di successo come l’ultima edizione del Salone del mobile?

Con oltre 300 mila visitatori giunti da ogni parte del mondo a Milano, il Salone del mobile, con il fitto calendario di iniziative, mostre ed eventi del Fuori-Salone, è una sorta di “prova generale” dell’Expo. Un momento in cui Milano si riscopre pienamente internazionale, un grande capitale come avverrà in occasione dell’Esposizione. Aggiungo che proprio il modello policentrico e anche spontaneistico del FuoriSalone, con la sua grande partecipazione soprattutto di giovani talenti, sarà una delle cose che dovremo replicare durante tutto il semestre dell’Expo.

Quale sarà, in particolare, il destino del Padiglione Italia?

Il Padiglione Italia sarà uno dei pochi edifici che rimarranno al termine della manifestazione. Il “vivaio” infatti continuerà la sua crescita, essendo insieme alle Vie d’acqua uno dei lasciti materiali di Expo al territorio lombardo. “Casa Italia” sarà un luogo icona in grado di mostrare il meglio del Made in Italy e delle nostre eccellenze, in un mix di tradizione e innovazione, di passato e futuro. Sulla destinazione finale dell’area ci sono molte ipotesi interessanti tra cui una della Camera di Commercio di farne un grande palazzo dell’innovazione.

Cosa le piacerebbe da imprenditrice e da italiana che rimanesse di duraturo di questo Expo nella mentalità economica italiana?

Dico spesso che uno dei lasciti più importanti di quest’avventura sarà proprio nell’averci insegnato, a livello-Paese, a lavorare in modo sinergico. Tutti insieme: istituzioni, enti locali, imprese, centri di ricerca, associazioni, cittadini: perché quando siamo uniti, noi Italiani siamo imbattibili.

© Riproduzione riservata