Un “palazzinaro” nell’olimpo della finanza

Tutto è iniziato nel mondo delle costruzioni. E oggi Francesco Gaetano Caltagirone è un influente azionista di società come Assicurazioni Generali e Monte dei Paschi di Siena. Senza dimenticare che detiene il controllo di testate giornalistiche come Il Messaggero e Il Mattino di Napoli

La finanza italiana non è una realtà ricca di fantasia e di impreviste novità: i protagonisti sono, da molti anni, più o meno sempre quelli e attorno a loro ruota tutto quell’universo che di volta in volta – a seconda dei punti di vista – si chiama salotto buono, poteri forti, razza padrona o, ironicamente, lor signori. Adesso questo microcosmo è in movimento, quasi in fibrillazione, si agita. Qual è la causa? Che cosa sta succedendo o potrebbe succedere? Semplice: ci sono manovre in corso attorno al controllo delle Generali, una delle prime tre compagnie di assicurazione europee e sicuramente una delle migliori società italiane, da sempre oggetto del desiderio di tutti quanti contino o ambiscano a contare qualcosa nella finanza nazionale. È recente la notizia che Francesco Gaetano Caltagirone ha portato la sua partecipazione nella compagnia triestina a ridosso del 2%. E questa quota, unita ai diritti di voto che il Monte dei Paschi di Siena continua a detenere nel capitale azionario pur avendo venduto a Mediobanca la partecipazione (magie della finanza!) permetterà a Caltagirone stesso, in quanto influente azionista (3,9%) e vicepresidente della banca senese, di svolgere un ruolo decisivo nel determinare gli assetti futuri di vertice del Leone di Trieste. Le voci dicono che punti a ottenere una vicepresidenza. E comunque a contribuire alla scelta di chi dovrà prendere il posto dell’ultraottantenne Antoine Bernheim sulla poltrona di numero uno.Ecco così che sta per ufficializzarsi, per diventare evidente, fattuale, quello che ormai più o meno sottotraccia sta avvenendo da anni: Francesco Gaetano Caltagirone è entrato nell’olimpo degli imprenditori italiani che contano come la famiglia Agnelli, i Benetton, i Del Vecchio, i Pesenti, i Tronchetti Provera e via dicendo e blasonando. E lui forse ha un peso specifico un po’ superiore a tutti questi signori che formano la ristretta cerchia dei potenti perché dispone della forza del cash, del denaro contante: infatti può contare su una liquidità che i giornalisti finanziari stimano attorno ai 2 miliardi di euro. Cifra che lui stesso, intervistato recentemente dal Sole24Ore, ha definito “possibile”. Dunque, decodificando il linguaggio sempre prudentissimo del personaggio, certamente vera, e caso mai approssimata per difetto.

Le originiCaltagirone, soprannominato Franco o anche Franchino, è un fondatore di un grande gruppo industria-finanziario un po’ atipico. Romano, 66 anni, sposato con Luisa Farinon che anni fa fu sequestrata e subito liberata, padre di tre figli Francesco, Alessandro e Azzurra (moglie del leader dell’Udc Ferdinando Casini) proviene da una famiglia siciliana. Francesco Merlo, una delle migliori penne del giornalismo italiano, ha scritto che il nome sarebbe di origine araba: deriverebbe da Qal’ at Alghiram, cioè “rocca dei vasi”. Nome che richiama attività legate alla costruzione, all’impastare la terra e simili. Azzeccatissimo: perché è nel dna della famiglia. Uno dei capostipiti veniva soprannominato “Gaetano calce viva” perché pare ne usasse molta, essendo appunto il suo mestiere, e la spalmasse addirittura con le mani. Vero o no che sia, è invece certo che i discendenti di “calce viva”, tutti maschi, hanno continuato a lavorare con cemento, mattoni, cazzuole, impalcature tanto da diventare fra i costruttori più noti della Sicilia. Alla fine dell’800 avevano realizzato interi quartieri a Palermo e mosso i primi passi anche sul continente.È in questo ambiente, in questo clima imprenditoriale che Franco nasce nel 1943, destinato a continuare la tradizione familiare. Quando ha appena quattro anni, suo padre, giovanissimo e attivissimo costruttore, manca improvvisamente. L’impresa cessa di operare quasi per una ventina di anni. Finché Caltagirone, iscritto alla facoltà di ingegneria, decide di riprendere quel filo interrotto mettendosi in società con i fratelli Edoardo e Leonardo e con il cugino Gaetano, architetto con già alle spalle una buona esperienza nel campo dell’edilizia. I quattro Caltagirone diventano fra i primi costruttori della capitale, tirano su palazzi dopo palazzi, interi quartieri soprattutto nella zone periferiche, quasi città satelliti di quell’immensa, stermina urbe mai sazia di crescere. I loro critici, e sono moltissimi, li accusano di essere degli speculatori, li chiamano con ironico disprezzo “palazzinari”. Franco non si lascia turbare dalle critiche e dagli attacchi e dice: «Sfido chiunque a trovare un solo terreno sul quale abbiamo aperto un cantiere che non fosse già edificabile prima che lo acquistassimo noi e lo sia diventato dopo». E continua imperturbato sulla sua strada.

Il salto Un cammino che, con il passare degli anni, diventa un po’ più solitario: Franco, ormai soprannominato sempre da quelli che non lo amano “Calta & Malta”, all’inizio degli anni ’70 si separa da un fratello e, poco dopo, anche dal cugino Gaetano e successivamente anche dall’altro fratello. Diventa l’unico punto di riferimento della Caltagirone, tutto quello che contiene è suo. A questa svolta se ne accompagna un’altra: i cantieri, i palazzi, le costruzioni non bastano più perché Caltagirone vuole fare un salto di qualità. E l’occasione gli viene grazie ai buoni rapporti che lui, dai modi di fare un po’ sbrigativi e non certo cerimonioso frequentatore di salotti, ha saputo tessere con il mondo politico, con gli ambienti che a Roma contano su entrambe le sponde del Tevere. Nel 1984 lo Ior, la banca vaticana fiaccata dalla gestione di monsignor Paul Marcinkus e finita in una serie di scandali costosissimi per l’immagine temporale della Santa Sede, decide di vendere alcune delle sue storiche partecipazioni, sia per far cassa e sia (soprattutto) per uscire da tante partite italiane all’origine delle sue compromissioni con business non perfettamente edificanti. Fra queste c’è la Vianini, società di costruzioni molto affermata anche per il suo respiro internazionale. Lunga è la fila dei candidati acquirenti, ma a spuntarla è Caltagirone. Che a questo punto smette a tutti gli effetti di essere un palazzinaro, e fa il salto nella categoria degli imprenditori essendo diventato proprietario di un’azienda industriale e per di più quotata in Borsa. Non è che il primo passo. Otto anni dopo, pur senza mai abbandonare l’edilizia, si presenta una seconda opportunità finanziaria per crescere. L’Iri, la holding pubblica che per decenni ha avuto il controllo di banche, imprese siderurgiche, aeronautiche, di trasporti, di telecomunicazioni eccetera, decide di iniziare un lento processo di privatizzazione. Uno dei primi oggetti messi sul mercato è la Cementir, importante produttore di cemento in grado di sfidare colossi privati del settore, a partire dal leader assoluto, l’Italcementi. Se l’aggiudica Caltagirone. A metà degli anni ‘90 si interessa a un settore lontanissimo dalle sue attività tradizionali: l’editoria. Partecipa a operazioni di medio cabotaggio: entra nel quotidiano romano Il Tempo (ma restandovi poco), prende parte al tentativo di salvataggio di Paese Sera (testata espressione della sinistra) e finanzia il settimanale cattolico-andreottiano Il Sabato. Ma aspetta l’affare vero. E l’occasione arriva, anche questa volta grazie a un altro impero in disfacimento costretto a vendere l’argenteria. Il gruppo Ferruzzi-Montedison è passato sotto le cure di Mediobanca che mette all’asta i pezzi migliori. Fra questi c’è Il Messaggero, primo giornale della Capitale e fra i più importanti d’Italia. È il 1966 ed è lui ad assicurarsene il controllo per una cifra giudicata all’epoca astronomica: 356 miliardi. Pagati cash. A questo negli anni successivi si aggiungono altre testate: Il Mattino di Napoli, alcuni quotidiani locali, la free press Leggo e, infine, Il Gazzettino di Venezia. Così Caltagirone, oltre che costruttore e imprenditore, ora è anche editore. E uno dei più importanti, alle spalle della Rcs Media Group (Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport) e del gruppo che fa capo a Carlo De Benedetti (La Repubblica, L’Espresso). Con i direttori, come con tutti i suoi collaboratori, è esigente. Ha scritto Paolo Madron su Panorama: «Inizialmente ha buoni rapporti. Ma siccome, come direbbero gli inglesi, l’uomo è demanding, uno che pretende, a volte si guastano. E si guastano senza passare per fasi intermedie, come gli amori che di colpo si tramutano in odi».Dicono anche che sia molto presente nelle scelte giornalistiche. A proposito si racconta questo episodio: quando c’è la privatizzazione di Telecom Italia e il governo cerca di formare il cosiddetto nocciolo duro di azionisti privati, lui vorrebbe farne parte. Ma l’allora ministro del tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, per ragioni non note, non lo vuole. Allora lui ordina al direttore dell’epoca di non metter più foto del ministro, di farlo apparire il meno possibile, lo stretto indispensabile. Il direttore protesta e i rapporti si incrinano.

L’imperoLa crescita dell’impero di Caltagirone non si ferma ai giornali. La finanza, le banche, le assicurazioni, la Borsa diventano i suoi interessi dominanti. E conclude affari eccellenti, uno via l’altro. Quando due opposte fazioni (gli spagnoli del Bbva, le Generali e Diego Della Valle da una parte e la cosiddetta razza mattoni dei Ricucci, Coppola, Statuto dall’altra) si confrontano per il controllo della Bnl, lui si schiera con la seconda e quando la banca viene ceduta all’Unipol incassa una plusvalenza di 255 milioni. Un particolare: si rifiuta di firmare l’atto di vendita del suo pacchetto alla Unipol il giorno 17. A chi sorride di fronte a questa sua scaramantica prudenza risponde con le parole di Bacone: «C’è della superstizione nell’evitare la superstizione». Un altro successo lo ottiene sempre nella stagione della finanza rampante quando Stefano Ricucci tenta la scalata al Corriere della Sera. Caltagirone sembra entrare nella partita per ragioni editoriali, per estendere la sua influenza al primo giornale d’Italia. Partecipa all’inizio del rastrellamento comprando titoli a una media di 0,6 euro per azione; li rivende quando la scalata è al culmine a una prezzo compreso fra i 6,3 i 7 euro. Una plusvalenza stratosferica. A queste operazioni mordi e fuggi, si affiancano altre che si potrebbero definire di sistema: l’ingresso nell’Acea, la municipalizzata elettrica di Roma, nel Monte dei Paschi, nelle Generali e altre ancora. Tutte operazioni che gli danno potere e in prospettiva anche (e soprattutto) nuovo business e nuove plusvalenze. Secondo i suoi amici a guidarlo nella scelta delle operazioni finanziarie, ad aiutare il suo fiuto c’è anche quello che è da anni il suo hobby: il collezionismo di opere d’arte e di monete. A casa sua, tanto per fare un esempio, c’è una tela di Guido Reni. E ci sono tre busti di imperatori romani comprati a un’asta di Christie’s che fece scrivere al Financial Times: «Quello che si erano presi i ricchi inglesi di un tempo, oggi viene riportato indietro dagli italiani che sono diventati ricchi». Oltre a questo, Caltagirone possiede una raccolta di monete antiche, che in Italia è seconda soltanto a quella messa insieme dai Savoia. Quindi se ne intende si arte, sa individuare e scegliere i pezzi autentici, i migliori. E sa evitare le patacche. E questo aiuta a muoversi senza incidenti anche nella finanza italiana.

LA CARTA STAMPATA

Caltagirone Editore è oggi il terzo gruppo editoriale italiano con circa 5,6 milioni di lettori medi giornalieri. Costituita nel dicembre del 1999 e quotata in Borsa nel luglio 2000, la società detiene varie testate:

IL MESSAGGERO

Fondato nel 1878, è il quotidiano “storico” di Roma, nonché la quarta testata d’informazione in Italia

IL MATTINO

Fondato nel 1892, è fortemente radicato a Napoli e in Campania

LEGGO

Nato nel marzo 2001, è il primo quotidiano nazionale freepress con oltre 1 milione di copie distribuite e 2 milioni di lettori giornalieri

IL GAZZETTINO DI VENEZIA

Fondato nel 1887, è per diffusione il maggior quotidiano del Nordest

IL CORRIERE ADRIATICO

Fondato nel 1860, è presente su tutto il territorio marchigiano

IL NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA

Fondato nel 1979, ha un posto di rilievo nel panorama pugliese

PIEMME

È la concessionaria di pubblicità di Caltagirone Editore

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