Un’avventura che arriva dal freddo

Da 50 anni sono sinonimo di calzature sportive. Il Moon Boot, creato alla fine degli anni ‘70, è uno dei simboli del 20° secolo. E nonostante la crisi che ha travolto anche il mercato sportivo, guardano con ottimismo al futuro. Intervista a Giancarlo Zanatta, presidente di Gruppo Tecnica

Il Gruppo Tecnica è una realtà significativa per l’Italia. È da 50 anni sinonimo, oltre che di calzature sportive, anche di qualità, tecnologia e innovazione. E siccome ne è stata fatta di strada dalla piccola bottega di Nervesa della Battaglia a oggi, abbiamo chiesto a Giancarlo Zanatta, presidente del Gruppo, di raccontarci il percorso compiuto finora, i successi, i cambiamenti e gli ostacoli che hanno dovuto affrontare per rimanere “in pista” per tutti questi anni.

Dire Gruppo Tecnica significa dire calzatura sportiva per eccellenza: come e quando è partita questa avventura?

Questa storia in effetti parte da lontano. La mia famiglia è originaria di Nervesa, a pochi chilometri da Montebelluna che oggi è la capitale mondiale della calzatura sportiva, ma che dai primi anni del ‘900 e fino al secondo dopoguerra era solo una piccola cittadina dove si teneva un mercato ai piedi delle montagne, presso il quale cavatori di roccia, boscaioli e agricoltori si rifornivano di quanto era loro necessario. Per questa ragione si era creata in quest’area una vasta rete di piccoli artigiani che producevano scarpe da lavoro, realizzate con la suola in legno e la tomaia in cuoio molto spesso. Uno di questi piccoli produttori era mio padre Oreste. Fin da bambino, io e mio fratello abbiamo respirato l’aria della bottega, e ci siamo appassionati al mondo della calzatura. Nel 1960, io e mio fratello Ambrosiano abbiamo preso in mano il laboratorio di mio padre e fondato l’allora Calzaturificio Tecnica Spa. Eravamo in pochi, ma con la voglia di fare e di creare tipica di quegli anni straordinari.

Parliamo allora del fenomeno di costume che è stato il Moon Boot… è vero che è considerato uno dei simboli del design del 20° secolo? Come è nata l’intuizione del Moon Boot?

In effetti il Moon Boot nel 2000 è stato eletto da una giuria di esperti del Louvre di Parigi come uno dei 100 oggetti più significativi del design del 20° secolo: è stato un grande onore, specie visto che proprio il 20 luglio scorso si è celebrato il 40° anniversario dello sbarco sulla Luna, data che abbiamo festeggiato con una limited edition in 1969 esemplari. L’intuizione la ebbi in America, alla Pennsilvanya Station di New York dove erano in corso le celebrazioni per il trionfo dell’Apollo 11 e una gigantografia di Armstrong che passeggiava sul suolo lunare campeggiava sopra l’entrata della stazione. Quei buffi stivali mi colpirono e mi si accese una lampadina: perchè non provare a realizzare dei doposci che richiamassero quella forma e l’impronta lasciata sulla Luna? Tornai in Italia con quell’idea registrammo il nome e ci mettemmo al lavoro. Fu subito un successo clamoroso.

In che modo la crisi economica attuale ha impattato sui vostri investimenti in impianti produttivi, innovazione tecnologica, ricerca e marketing?

Indubbiamente l’attuale situazione economica è stata un fattore di difficoltà che ha manifestato i propri effetti anche nel mercato dello sport, e che ci ha portato a una profonda rivisitazione di tutti i nostri processi aziendali al fine di riequilibrare i risultati e rendere più efficiente e competitivo il nostro sistema. Sono però convinto che dietro ogni crisi, per quanto dura, si celino ottime opportunità per chi ha la volontà di coglierle e la pazienza di lavorarci sopra. La crisi, quando finirà, ci dovrà vedere ancora più forti e preparati di prima. Per questa ragione abbiamo deciso di agire con prudenza e oculatezza, ma senza rinunciare a investire in quello che farà sempre più la differenza in futuro: brand, innovazione, qualità del prodotto e valore per il cliente. In questo senso abbiamo appena inaugurato il nuovissimo Group design center nel nostro headquarter di Giavera: un centro di eccellenza di 5 mila metri quadri dove designer, ricercatori, tecnologi e tecnici di laboratorio svilupperanno i nuovi prodotti destinati a tutto il mondo. Abbiamo anche agito sul network produttivo del Gruppo, che oggi conta 19 siti in nove Paesi, in modo da dare ai nostri clienti la certezza del miglior prodotto possibile, e di creare valore reale per loro e per i nostri brand.

Lei parla di competitività del sistema: in che modo le banche possono supportare, in questo momento difficile, le imprese, in generale e nel vostro caso?

Le banche giocano una parte centrale in questo sistema, anche se ultimamente sembrano avere perso la consapevolezza del proprio ruolo di supporto all’economia reale – quella che crea valore concreto, che produce, che esporta – per privilegiare obiettivi di breve, se non brevissimo periodo. La crisi finanziaria, creata dal mondo bancario stesso, è diventata crisi economica, e ora il credit-crunch ha un impatto notevole sull’industria, che a volte si trova a competere anche contro visioni e comportamenti delle banche non facili da condividere. Con i nostri partner bancari stiamo ridiscutendo proprio di questi aspetti, alla luce dei nostri progetti di sviluppo, per trovare con loro le soluzioni migliori per raggiungere ciascuno i propri obbiettivi.

Da quando siete partiti avete fatto molte acquisizioni: a che punto siamo e dove volete arrivare?

L’ultima nostra acquisizione è stata nel 2007 quella di Blizzard, storico produttore austriaco di sci di alta gamma, concludendo con ciò un percorso che ci porta a essere il primo gruppo mondiale negli sport invernali e il primo nel segmento delle calzature outdoor e acquisendo competenze e capacità produttive specifiche che prima non avevamo. Ora siamo concentrati sul consolidamento del portafoglio dei brand e sulla loro organizzazione commerciale, in modo da rendere i marchi sinergici e complementari tra loro e quindi capaci di proporre un business multistagionale e multisport ai nostri clienti. Il focus è oggi sull’integrazione, più che sulla diversificazione.

Qual è il vostro fatturato e in che percentuale è ripartito tra Italia ed estero e tra le varie categorie di prodotto?

Nel 2009 prevediamo di chiudere molto vicini ai 350 milioni di euro, in lieve crescita rispetto ai 343 milioni del 2008. L’Italia pesa circa il 15% del fatturato, mentre l’85% è generato sui mercati esteri (Nord America ed Europa): il nostro progetto di internazionalizzazione si può dire ormai acquisito, anche se negli Usa, specie per il segmento outdoor, ci sono ampi spazi per un’ulteriore significativa crescita. L’altro aspetto positivo riguarda la destagionalizzazione di fatturati: oggi il 50% del turnover è generato dai prodotti non legati alla neve (footwear, outdoor, abbigliamento, in-line skates) e siamo più al riparo dalla variante climatica sempre molto importante nel nostro settore.

Quali sono i brand attualmente in portafoglio e quanto pesa ciascuno di essi sul fatturato totale?

Il Gruppo Tecnica attualmente opera su quattro mondi di riferimento, tutti coperti dai nostri premium brand: il mondo dell’alpine ski (con i marchi Tecnica, Nordica, Blizzard e Moon Boot), il mondo dell’outdoor (con Tecnica, Dolomite e Lowa), il mondo dei gliding sport (con i marchi Rollerblade nel pattini in linea, Bladerunner nei pattini da ghiaccio e Nitro nel settore snowboard) e nello sport lifestyle (con l’abbigliamento Think Pink e Dolomite e la linea di sneaker urbane T-Shoes). Lowa genera il 27% del fatturato, Nordica il 24%, Tecnica il 17%; gli altri marchi si attestano ognuno tra il 5 ed il 10% di fatturato. È una composizione piuttosto equilibrata sia tra i brand sia tra le categorie di prodotto.

Immagino che dagli anni ‘60 le esigenze del footwear siano cambiate: in che modo e che cosa avete fatto per rispondere ai nuovi bisogni dei consumatori?

Per quanto ci riguarda, abbiamo scelto di mantenere chiara la filosofia che ci contraddistinge da sempre: identità sportiva, qualità dei prodotti e tecnologia al servizio delle esigenze del cliente, anche quando le nostre scarpe hanno un uso più quotidiano ed esteso. È proprio il caso del nostro nuovo progetto Tecnica Outdoor presentato quest’anno: scarpe atletiche, leggere, polifunzionali, adatte anche a un uso casual, ma caratterizzate da alcune innovazioni tecnologiche tra cui il T.R.S. (Tecnica Rolling System) che consente una rullata straordinariamente morbida ed efficace, i cui benefici sono immediati sia per gli atleti outdoor sia per i clienti che usano la sneaker come calzatura all-around.

Avete intenzione di puntare anche su altri settori oppure il segreto del vostro successo è proprio quello della specializzazione settoriale?

Io sono convinto che ognuno debba fare il mestiere che sa fare. Noi facciamo questo business da quasi 50 anni, e lavoriamo per essere ancora qui tra altri 50.

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