Da Harley Davidson a Jack Daniels: le aziende Usa frenano su diversità e inclusione

Da Harley Davidson a Jack Daniels: le aziende Usa frenano su diversità e inclusione© Shutterstock

Negli Stati Uniti sta prendendo piede un acceso dibattito riguardante le politiche di Diversità, equità e inclusione (DEI) adottate da numerose aziende in vari settori. Dal profondo dell’arena politica e sociale americana emergono voci contrarie, che definiscono tali politiche come forme di discriminazione inversa, soprattutto nei confronti degli uomini bianchi. Questa critica, sollevata da alcuni attivisti e politici di estrema destra, solleva interrogativi sull’effettiva equità delle strategie di inclusione e su come esse possano influenzare il tessuto socio-economico e politico degli Stati Uniti.

Harley Davidson, ma non solo: i passi indietro nell’inclusione

Aziende come Harley Davidson hanno sentito il peso di queste critiche, prendendo decisioni che segnano un netto passo indietro riguardo alle loro politiche di inclusione. Di fronte alle critiche di Robby Starbuck, blogger americano e attivista iperconservatore che contestava le strategie di inclusione dell’azienda allineandole a un presunto distanziamento dalla propria base clienti tradizionale, il gruppo automobilistico ha confermato di aver eliminato la propria funzione aziendale dedicata alla DEI e di voler rivedere anche tutte le attività di marketing in essere. Un caso non isolato, con aziende del calibro di John Deere & CoeJack Daniels che hanno recentemente preso decisioni simili, ridimensionando o eliminando del tutto i propri sforzi e investimenti in politiche di diversità.

Le aziende, però, non sono le sole sotto i riflettori. America First Legal, uno studio legale guidato da Stephen Miller, ex consigliere politico sotto la presidenza Trump, sta portando avanti una vera e propria crociata legale contro le iniziative di diversità aziendale. Tra i casi citati, spiccano le accuse contro il programma di tutoraggio della Nascar per le pilote e gli sforzi di Kellogg per assumere più persone di colore. Questi attacchi legali, che hanno anche colpito aziende come Mattel e Hasbro, riflettono la volontà di alcuni settori della società americana di resistere a qualsiasi forma di politica aziendale che miri esplicitamente a promuovere la diversità etnica e di genere.

La questione, tuttavia, trascende la mera polemica aziendale, inserendosi in un contesto politico ampio e profondamente polarizzato. La resistenza contro le politiche DEI sembra essere alimentata più da considerazioni elettorali che da un genuino dibattito sulla loro efficacia o sulla loro giustezza. Nel mezzo di questa tempesta politica, tuttavia, emergono dati che supportano l’efficacia delle politiche di inclusione. Secondo uno studio di McKinsey, le aziende che si posizionano meglio in termini di diversità di genere ed etnica tendono a registrare performance economiche superiori rispetto a quelle che non adottano tali politiche. La diversità, quindi, non è solo una questione di giustizia sociale, ma si conferma sempre più una leva strategica per la crescita e il successo aziendale.

© Riproduzione riservata