Dai vulcani allo spazio: il futuro dell’energia sostenibile

Dal calore prodotto dai data center a quello del magma, passando per i pannelli solari spaziali. Ecco le ultime frontiere per la produzione di energia sostenibile

Dai vulcani allo spazio: il futuro dell’energia sostenibile© Getty Images

I data center, spesso criticati per il loro intenso fabbisogno energetico, potrebbero diventare una fonte rilevante di riscaldamento per le città, se opportunamente posizionati. Kim Fausing, amministratore delegato di Danfoss, un’azienda danese privata che fornisce pompe di calore e sistemi di raffreddamento proprio per queste infrastrutture IT, ha affermato di recente che «Francoforte potrebbe soddisfare tutte le sue esigenze di riscaldamento con il calore in eccesso generato dai data center entro la fine di questo decennio». Per poi aggiungere: «C’è molto dibattito sulla quantità pura di energia, di cui avranno bisogno i data center, ma potrebbero aiutarci a risolvere i problemi di riscaldamento in alcune città».

Il riscaldamento dai data center

La richiesta di queste strutture, del resto, ha ricevuto una nuova spinta dalla rapida espansione dell’intelligenza artificiale, ma il loro utilizzo di grandi quantità di elettricità si rivela controverso. Si prevede che il mercato dei data center aumenterà da 220 miliardi di dollari alla fine del 2022 a 418 miliardi entro la fine di questo decennio, secondo la società di ricerche di mercato Industry ARC. Francoforte ospita oltre 60 data center, nonché uno dei più grandi scambi Internet al mondo. Gli esperti hanno calcolato che per la vicinanza a case e uffici, il riscaldamento in eccesso dei data center della città potrebbe fornire loro un riscaldamento ambientalmente sostenibile entro il 2030. Ciò è in contrasto con l’ubicazione con alcune di queste infrastrutture, che finora sono state pensate per essere situate in aree remote, vicine a fonti di energia o acqua fredda. Dovrebbero invece essere immaginate nelle città.

Quel che è certo è che in Europa la grande industria è sempre più preoccupata per il ritmo della transizione ecologica della regione, dopo che le vendite di auto elettriche e pompe di calore hanno rallentato e gli investitori stanno cancellando diversi progetti a idrogeno e bio-carburanti. Il crollo del produttore di batterie svedese Northvolt ha ulteriormente evidenziato la fragilità degli sforzi dell’Ue per sviluppare industrie verdi nazionali di fronte alla forte concorrenza della Cina. Dunque, recuperare il calore (tanto) generato dai server dei data center e utilizzarlo per il teleriscaldamento può essere un antidoto alla crisi che sta vivendo la transizione ambientale.

L’ultimo in ordine di tempo è quello di Equinix, gruppo americano di infrastrutture digitali, che il 24 ottobre scorso ha inaugurato un progetto a Helsinki. Nella capitale finlandese la società quotata al Nasdaq sta utilizzando il calore in eccesso del data center HE5 Viikinmäki attraverso una collaborazione con l’operatore della rete di calore locale, Helen Ltd, per riscaldare case e aziende circostanti. La quantità di calore che può essere esportata varia a seconda delle dimensioni del data center, il tipo di sistema di raffreddamento e la quantità di calore che un partner (società di reti di calore o utility energetica) è disposto ad accettare. Un singolo data center potrebbe esportarne una quantità sufficiente a riscaldare 4.500 abitazioni per un anno o produrre in un anno una quantità di calore sufficiente a riscaldare circa 100 piscine olimpioniche per un mese.

Energia sostenibile dallo spazio

centrali solari orbitali

La Cina studia l’uso di centrali solari orbitali per trasmettere energia solare dallo spazio alla Terra tramite microonde (Foto © Getty Images)

Un’altra possibile fonte alternativa arriva dalla Cina. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Xidian ha appena pubblicato uno studio che ipotizza che possano essere utilizzate le centrali solari orbitali. L’idea è quella di sfruttare l’energia solare nello Spazio e veicolarla sulla Terra, con un fascio di microonde, a un ricevitore sviluppato per questo fine. L’osservazione delle risorse del Pianeta dallo Spazio viene ritenuta utile sia nell’ottica della pianificazione sia per gli aspetti ambientali (ai fini della mitigazione del cambiamento climatico).

D’altronde Pechino ha già inaugurato una centrale solare estremamente avveniristica a Tianjin Haijing, nella contea di Huadian. Realizzata con specchi fotovoltaici galleggianti sulle saline di Changlu: l’energia serve 1,5 milioni di famiglie cinesi e contribuisce a estrarre il cloruro di sodio dall’acqua, ottenendo sale da commercializzare, liberando spazi per l’allevamento di gamberetti di cui i cinesi sono particolarmente golosi. Ma attrarre energia dallo Spazio sarebbe un notevole passo in avanti, perché Pechino immagina un innovativo sistema (Omega Space Solar Power Plant, Omega-SSPS) che permetterebbe di acquisire dati di partenza che “introducono” alla costruzione delle soluzioni da lanciare in concreto nello Spazio, con il duplice vantaggio di velocizzare lo sviluppo e limitare i costi. Il principio è quello di utilizzare pannelli solari nello Spazio che convertano la luce in energia elettrica direttamente in loco.

C’è poi un progetto di ricerca che riguarda i vulcani. Nel mondo i posti dove il magma scorre a basse profondità (anche solo a un paio di chilometri dalla superficie) o dove addirittura tracima spesso e volentieri sono pochissimi: succede in Islanda dove ci sono oltre trenta vulcani attivi, la quale si trova proprio sulla faglia tra le placche euroasiatica e americana, succede in Kenya e alle Hawaii. Parzialmente accade anche in Nuova Zelanda, in Giappone e in Messico.

I vulcani e il potenziale dell’energia geotermica

Per gli islandesi, gestire le eruzioni è una questione di sopravvivenza quotidiana (il blocco delle rotte aeree del 2010 a causa della nuvola di polvere alzata dal Eyjafjallajoekull costò 4 miliardi) ed è proprio lì che si concentrano gli studi sul campo più avanzati. Un team internazionale si sta preparando a perforare un vulcano attivo alla ricerca di una migliore comprensione delle proprietà della roccia fusa, il magma, che si trova in profondità. I ricercatori intendono esaminare il potenziale dell’energia geotermica ad alta temperatura.

Le temperature estremamente calde del magma potrebbero essere una fonte di energia pulita illimitata, 24 ore su 24, sette giorni su sette, secondo l’iniziativa Krafla Magma Testbed (KMT). Si tratta di capire come si muove il magma sottoterra per avere un margine più preciso di previsione delle eruzioni e, nel caso particolare dell’Islanda dove l’85% delle abitazioni viene già riscaldata da sistemi geotermali, anche per studiare metodi alternativi più efficienti per produrre energia pulita.

La geotermia è, tra le energie rinnovabili, la fonte più efficiente e affidabile, sia per le elevate temperature sia perché è attiva in modo costante. L’Italia, pur essendo stata tra i primi Paesi al mondo a sfruttare la geotermia, oggi la usa per coprire meno del 3% del proprio fabbisogno di energia. Per comprendere quanto sia importante questo argomento basti pensare al fatto che il programma RePowerEu, finanziato dall’Unione europea, ha fra i suoi obiettivi quello di triplicare l’utilizzo di questa fonte entro il 2030.

Un grande contributo per l’Italia potrebbe venire dalle isole Eolie. Occorrerebbe realizzare impianti di geotermia offshore attorno all’arcipelago, dove da anni gli esperti studiano il Marsili, il più grande vulcano sottomarino d’Europa, che potrebbe generare circa 4 terawattora di energia l’anno. In base ad alcuni recenti studi, l’intera area sottomarina attorno alle Eolie e quella del Tirreno meridionale presentano una molteplicità di fonti vulcaniche per una potenzialità teorica geotermica di 30 megawatt equivalenti per chilometro quadrato. Quindi, sfruttando con le moderne tecnologie tutte le fonti presenti su questi fondali, si potrebbe arrivare a una produzione annua pari a 630 terawattora l’anno, in grado di soddisfare il fabbisogno di 156 milioni di famiglie, cioè quasi il totale di quelle europee, che sono circa 200 milioni. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) con il progetto Irgie sta aggiornando la mappatura delle fonti geotermiche. Un lavoro che è già a buon punto, come è stato annunciato da Fabio Di Felice, coordinatore Ingv con Monia Procesi del progetto. Irgie, ovvero Inventario delle risorse geotermiche delle isole Eolie, è nato dalla sinergia tra Ingv e Regione Siciliana e si concluderà nel 2026. La finalità è rilevante: garantire in maniera sostenibile l’autonomia energetica delle Piccole isole, come quelle dell’arcipelago eoliano.

centrali solari orbitali

Il progetto Irgie mira a realizzare un pozzo geotermico sperimentale sui fondali al largo di Panarea, in Sicilia (Foto © Getty Images)

Una speranza per le isole

Il progetto Irgie, tramite il quale l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) sta aggiornando la mappatura delle fonti geotermiche presenti attorno alle isole minori siciliane è di grande importanza: la finalità è, infatti, garantire in maniera sostenibile l’autonomia energetica delle piccole isole, come quelle dell’arcipelago eoliano, che oggi sono estremamente dipendenti da soluzioni energetiche fossili come i generatori a gasolio. L’obiettivo è realizzare a breve un pozzo geotermico sperimentale sui fondali al largo di Panarea. Si punta all’utilizzo della risorsa geotermica sia bassa (30°- 100°), che media (100°-150°) e alta temperatura (oltre i 150°). Lo scopo è individuare i possibili usi diretti, come il raffrescamento e riscaldamento di ambienti, e indiretti, come la produzione di elettricità, applicando le moderne tecnologie e in accordo con la domanda locale, nelle varie fasi dell’anno. Esigenze legate alle prestazioni energetiche degli edifici che andranno raffrescati e riscaldati.


Articolo pubblicato sul numero di Business People di gennaio-febbraio 2025. Scarica il numero o abbonati qui

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