Il futuro è degli e-fuel?

I carburanti sintetici si presentano come l’ultima speranza dei motori a combustione, ma per alcuni potrebbero rivelarsi solo una favola molto costosa

Il futuro è degli e-fuel?© Getty Images

C’era una volta il motore a combustione interna, re indiscusso della mobilità globale, ora costretto a vivere sotto la spada di Damocle del 2035, anno in cui l’Unione Europea ne decreterà il pensionamento. Ma quando tutto sembrava perduto, ecco spuntare all’orizzonte il cavaliere scintillante dei carburanti sintetici: gli e-fuel. Berlino, con la sua proverbiale tenacia, ha strappato alla Commissione Europea un accordo destinato a riscrivere le regole del gioco, lasciando i motori a combustione in corsa, purché alimentati con e-fuel sostenibili. Un compromesso storico? «Forse. Ma anche un terreno di scontro feroce, tra chi li vede come il futuro e chi come una pericolosa illusione», sostiene Davide Bonalumi, professore presso il dipartimento di energia del Politecnico di Milano, relatore sull’idrogeno al recente G7 in Puglia. «Nel 2023, l’Italia non ha avuto un peso politico abbastanza forte per far inserire anche i biocombustibili. Tuttavia, un’apertura è arrivata quando la Commissione Industria del parlamento europeo ha approvato la definizione di “Carburanti CO2 neutri” in cui vengono inclusi i biocombustibili oltre agli e-fuel».

Berlino e Roma: alleate o rivali?

In questa partita, l’Italia si è ritagliata un ruolo da outsider, spingendo per i biocarburanti derivati da fonti rinnovabili. La promessa? Decarbonizzare i trasporti senza rinunciare alle infrastrutture esistenti e, soprattutto, senza dire addio ai cari vecchi motori. Ma mentre Berlino celebrava il suo accordo, Roma si è ritrovata con un pugno di mosche in mano. L’Ue, sedotta dalla tecnologia tedesca degli e-fuel, ha snobbato i biocarburanti italiani, lasciando il nostro Paese in una posizione tutt’altro che invidiabile. E allora ci si chiede: chi ha davvero ragione? I biocarburanti sono veramente troppo poco innovativi per un’Europa che vuole primeggiare nella corsa verde, o è la Germania a vendere fumo negli occhi con una tecnologia ancora lontana dall’essere economicamente sostenibile?

L’Ue, sedotta dalla tecnologia tedesca degli e-fuel, ha snobbato i biocarburanti italiani

Parliamoci chiaro: gli e-fuel sono una meraviglia tecnologica. Combinano idrogeno verde, ottenuto dall’elettrolisi alimentata da energie rinnovabili, con CO2 catturata dall’atmosfera. Il risultato? Combustibili liquidi utilizzabili nei motori tradizionali, capaci di ridurre le emissioni nette e persino di offrire una seconda vita ai motori a combustione. «Fantastico verrebbe da dire. Ma a che prezzo? Produrre e-fuel costa oggi tra i 5 e i 7 euro al litro, un’enormità rispetto ai combustibili fossili», spiega Bonalumi. «E non basta: per alimentarli su larga scala servirebbero quantità gigantesche di energia rinnovabile, un’infrastruttura che l’Ue, nonostante le sue ambizioni, è ancora ben lontana dall’avere e quindi sarebbe costretta a importarli». Insomma, la promessa degli e-fuel rischia di trasformarsi in un lusso per pochi.

Lufthansa

LA GERMANIA CI CREDE – La Germania si conferma all’avanguardia nello sviluppo degli e-fuel. Tra i progetti più rilevanti spicca quello di Ineratec, che ha avviato nel 2021 il più grande impianto pilota per e-kerosene a Emsland, progettando inoltre un impianto industriale presso l’aeroporto di Francoforte. Grazie a CO₂ biogenica ed energia rinnovabile, si prevede una produzione annua di 4,6 milioni di litri di carburanti sostenibili, in collaborazione con partner internazionali. Un altro protagonista è Chemieanlagenbau Chemnitz, impegnata nella produzione di e-benzina ed e-kerosene con l’intenzione di raggiungere un milione di litri all’anno entro il 2030. In parallelo, Synhelion Germany, insieme con il Centro aerospaziale tedesco e altre istituzioni, sta sviluppando un impianto unico al mondo per la produzione di combustibili solari nel Brainergy Park di Jülich. Utilizzando la luce solare concentrata, si produrranno benzina e kerosene solari su scala industriale. Non mancano progetti consolidati, come quello di Solarbelt, attivo dal 2017. Finanziato da Atmosfair e collaborando con Lufthansa, questo impianto fornisce e-kerosene neutro in CO₂ per l’aviazione commerciale, dimostrando che l’innovazione tecnologica può armonizzarsi con la sostenibilità. (Foto © Getty Images)

Una guerra intercontintentale

Intanto, fuori dai confini europei, gli e-fuel stanno conquistando consensi in settori specifici. Negli Stati Uniti, il governo li vede come una manna per il comparto aeronautico e militare. La Cina, con il suo solito pragmatismo, investe in tecnologie complementari all’elettrificazione, spingendo su progetti di e-metanolo destinati all’industria e all’export. In America Latina, Paesi come Cile e Uruguay stanno emergendo come veri hub di produzione, sfruttando l’energia eolica e solare. L’Europa, invece, sembra divisa. Francia e Spagna preferiscono scommettere su idrogeno verde e batterie, lasciando la Germania quasi isolata nella sua crociata per gli e-fuel.

«Ma attenzione: l’accordo Ue-Germania e la nuova Commissione nata dopo le elezioni del 2024 potrebbero aprire spiragli anche per il riconoscimento dei biocarburanti», ipotizza Bonalumi, «alimentando un nuovo dibattito sul mix energetico ideale per il futuro».

Il futuro tra pro e contro

Gli e-fuel vantano un punto di forza che li rende irresistibili. «Sono compatibili con le infrastrutture esistenti », ricorda Bonalumi. «Niente colonnine di ricarica, niente batterie da smaltire. Solo un carburante liquido, che scorre fluido nei motori che si conoscono da sempre». Inoltre, per settori difficili da elettrificare come aviazione, trasporto marittimo e mezzi pesanti, gli e-fuel sembrano l’unica alternativa praticabile. Ma non è tutto oro quel che luccica. Gli scettici sottolineano che l’efficienza energetica degli e-fuel è scandalosamente bassa: troppa energia si perde nel processo produttivo. E anche sul fronte delle emissioni, la storia non è tutta rose e fiori: producono comunque ossidi di azoto e altre sostanze inquinanti, da eliminare con i noti ed efficienti catalizzatori. Insomma, un compromesso, certo, ma non la panacea che alcuni vorrebbero farci credere. Dunque, possono davvero gli e-fuel affiancarsi a soluzioni come i veicoli elettrici o a idrogeno? Probabilmente sì.

Possono davvero gli e-fuel affiancarsi a soluzioni come i veicoli elettrici o a idrogeno? Probabilmente sì.

Nel breve e medio termine, i carburanti sintetici hanno il potenziale per diventare protagonisti di nicchie d’élite: per esempio per supersportive, pezzi da collezione e auto di lusso estremo, dove il costo del carburante non è il principale criterio di scelta. «Guardando al futuro, se ricerca e industria riusciranno a ridurre significativamente i costi di produzione, questi combustibili potrebbero rivoluzionare il panorama della mobilità sostenibile», sostiene Bonalumi. «Immaginate uno scenario completamente decarbonizzato: i carburanti sintetici offrirebbero una nuova vita ai motori a combustione interna, integrandosi perfettamente con veicoli elettrici e a idrogeno. Inoltre, presentano vantaggi strategici: serbatoi più compatti, ideali per applicazioni in cui agilità e leggerezza sono decisive, come le moto». Un’opportunità straordinaria per ridefinire il concetto di mobilità senza compromettere le prestazioni o la passione per i motori.

Lufthansa

UNA RISPOSTA DALLA FORMULA 1 – Un piccolo passo verso la nuova era dei carburanti in Formula 1 è già stato fatto con l’utilizzo dei carburanti E10, denominazione che indica il 10% di bioetanolo nella composizione della benzina. Una nuova rivoluzione, però, è dietro l’angolo. Dal Campionato 2026 i gruppi propulsori della F1 saranno completamente differenti. Varieranno nell’architettura, la potenza generata da motore endotermico e sistema ibrido cambierà di importanza e anche i carburanti saranno diversi: saranno ammessi solo quelli bio-fuel o e-fuel. Un mutamento per avvicinarsi al traguardo delle emissioni zero che F1 e Fia (Federazione internazionale dell’automobile) si sono date per l’anno 2030. Nel frattempo, l’anno scorso, per la prima volta, la Porsche Mobil 1 Supercup ha utilizzato prevalentemente carburante completamente sintetico, proveniente dall’impianto pilota di Haru Oni, in Cile. L’e-fuel ha consentito alle 911 Gt3 Cup di poter disporre di 510 cavalli e di gareggiare a emissioni di CO₂ quasi nulle.

Il grande gioco delle multinazionali

Nonostante le ombre, i colossi dell’industria ci credono. Porsche ha investito 100 milioni di dollari in Cile, mentre Airbus scommette sugli e-fuel per ridurre le emissioni del trasporto aereo. «In Norvegia e Cina si annunciano nuovi impianti mastodontici, capaci di produrre centinaia di migliaia di tonnellate di e-metanolo all’anno», dice Bonalumi. «Anche il trasporto marittimo non sta a guardare: Maersk esplora l’uso di e-metanolo per alimentare le sue navi cargo, con l’obiettivo di ridurre significativamente le emissioni globali. Alla fine, la questione resta aperta: gli e-fuel sono davvero la chiave per una transizione ecologica equilibrata, o rappresentano l’ennesimo tentativo dell’industria di ritardare l’inevitabile? In un mondo sempre più diviso tra fautori dell’elettrico e sostenitori dei combustibili alternativi, una cosa è certa: la battaglia per il futuro della mobilità sarà lunga, costosa e polemica. E mentre politici, scienziati e multinazionali litigano, i cittadini si trovano a fare i conti con la stessa domanda di sempre: quale sarà il costo (economico ed ecologico) della scelta sbagliata?


Ha collaborato Nicole Berti di CarimateArticolo pubblicato sul numero di Business People di gennaio-febbraio 2025. Scarica il numero o abbonati qui

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