L’AI è sostenibile? Da imputata a risorsa per il pianeta

Osservata speciale come nemica dell’ambiente per i suoi consumi energetici, in realtà l’intelligenza artificiale può anche essere un’alleata senza eguali per ridurre gli sprechi e raggiungere gli standard di sostenibilità fissati a livello internazionale. Come? Gli esempi a cui ispirarsi non mancano…

L'AI è sostenibile? Da imputata a risorsa per il pianeta© Getty Images

Come non detto! Quella che doveva essere la panacea di tutti i mali, la soluzione dei problemi più annosi dell’umanità, l’arma finale che ci avrebbe salvato dalle bolge infernali della crisi climatica e del riscaldamento globale, in realtà è una enorme zappa che con leggerezza e inconsapevolezza ci stiamo dando allegramente sui piedi. L’intelligenza artificiale infatti ha un’impronta di carbonio che farebbe impallidire quella dei sistemi di riscaldamento e di trasporto messi insieme. È la parola “fine” stampata in bella grafia sulla storia evolutiva della specie. Il sipario che si chiude sulle vicende umane. O forse no…

Perché liquidare il discorso intelligenza artificiale limitandosi a misurare e condannare i suoi consumi energetici, senza considerare per esempio le potenzialità che questa tecnologia offre proprio nel campo della sostenibilità ambientale, è un puro esercizio di sterile polemica. Prova ne sono le applicazioni basate su AI che enti pubblici e aziende private hanno già messo in opera per ridurre sprechi di risorse e raggiungere più velocemente gli standard di sostenibilità internazionali.

Un primo esempio è l’infrastruttura Metrofood-It coordinata da Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, e finanziata con i fondi del Pnrr. Si tratta di una piattaforma tecnologica dedicata all’innovazione del comparto agroalimentare italiano, fatta di impianti all’avanguardia, laboratori hi-tech, supercomputer per il calcolo avanzato. Sono 110 i ricercatori coinvolti, dislocati in centri di ricerca, università e istituzioni per l’innovazione, che hanno il compito di accelerare la transizione digitale, energetica ed ecologica dell’industria agroalimentare del nostro Paese, e facilitare i processi di digitalizzazione dei sistemi agroalimentari. In questo contesto Enea sta utilizzando soluzioni di AI per studiare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute del suolo e sulla produttività agroalimentare. E l’AI si sta rivelando fondamentale per analizzare dati complessi, fare previsioni e sviluppare soluzioni per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e per intraprendere pratiche agricole sostenibili che garantiscano la produzione alimentare a lungo termine.

Stefano Epifani Fondazione per la Sostenibilità digitale

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Altro esempio interessante è quello legato all’attività del Gruppo Acqua, nato in seno alla Fondazione per la Sostenibilità Digitale e costituito da Acquedotto Pugliese, Gruppo Cap, Italgas e MM, quattro tra le più importanti realtà del settore idrico presenti in Italia. Nel marzo scorso il Gruppo ha presentato il paper Sustainable Water, lanciando la community nazionale degli operatori idrici. Lo scopo è quello di azzerare in modo sostenibile il problema della dispersione dell’acqua lungo la rete idrica (in media il 42%), ricorrendo alle tecnologie digitali più innovative.

Applicazioni di intelligenza artificiale vengono utilizzate per il rilevamento delle perdite d’acqua, per l’analisi di flussi o di parametri anomali come pressione e temperatura. «MM utilizza da tempo le più avanzate tecnologie digitali per rendere più efficiente la gestione dell’acqua a Milano. La riduzione delle perdite al 14% è stata raggiunta anche grazie ai sistemi smart metering, all’IoT, alla fibra ottica. Con l’acquisizione di dati raccolti grazie ai sistemi satellitari e all’intelligenza artificiale abbiamo sviluppato un approccio predittivo rispetto ai guasti delle reti», ha commentato Francesco Mascolo, Ceo di MM in occasione della presentazione.

Intanto l’Agenzia regionale per la protezione ambientale dell’Emilia-Romagna sta utilizzando l’AI per il monitoraggio ambientale. Attraverso algoritmi avanzati, l’agenzia analizza dati ambientali per prevedere e gestire fenomeni come l’inquinamento atmosferico e idrico, migliorando la qualità dell’ambiente e la salute pubblica.

A Roma invece la Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, in collaborazione con Olidata, ha sviluppato il progetto Ailanton, che sfrutta l’intelligenza artificiale per potenziare le diagnosi radiologiche. Questo progetto non solo migliora la qualità delle cure, ma rappresenta anche un’innovazione sostenibile nel settore sanitario, in linea con l’Obiettivo di sviluppo sostenibile 3 dell’Agenda 2030 dedicato alla salute e al benessere.

Stefano Epifani Fondazione per la Sostenibilità digitale

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Forestry Analyzer è, invece, il nome del progetto della startup Hesplora co-finanziato da iFab – International Foundation Big Data and Artificial Intelligence for Human Development, fondazione promossa dalla Regione Emilia-Romagna. Il progetto mira a prevedere l’andamento della deforestazione in termini di variazione dei valori di carbonio.

Ma i progetti di utilizzo dell’AI in direzione della sostenibilità sono numerosi anche presso gli atenei di mezza Italia: all’Università di Bologna si sperimenta come utilizzarla per identificare i tipi di plastica nei rifiuti urbani e migliorare il processo di riciclaggio; un progetto dell’Università di Firenze punta a prevedere i danni causati da eventi naturali per migliorare la prevenzione e la gestione dei rischi; presso l’Università di Padova si studia come usare l’AI per monitorare il traffico e le emissioni dei veicoli per migliorare la qualità dell’aria, mentre all’Università di Brescia l’AI ha già permesso di scoprire un materiale che potrebbe dare nuova vita alla CO2 sequestrata dai processi industriali..

E all’estero? Tralasciando i nomi che pesano (da Google ad Amazon, da Ibm a Microsoft) pure loro impegnati nello sviluppo di sistemi di AI volti a rendere più sostenibili le proprie colossali attività, ci sono alcune interessanti realtà da citare. NotCo è un’azienda cilena che utilizza l’intelligenza artificiale per ideare e produrre alternative vegetali ai prodotti a base di carne o latticini, e collabora con i più importanti marchi del food per coadiuvarli nella creazione di alimenti a basso impatto sul clima. Circu Li-ion, invece, è un’azienda francese che offre soluzioni basate su AI per l’upcycling delle batterie sviluppando in più grande archivio di dati sul loro riciclo e rinnovando continuamente le pratiche di gestione dei materiali.


Semplificare non porta da nessuna parte

Intervista a Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità digitale

Stefano Epifani Fondazione per la Sostenibilità digitale

Perché è così importante l’intelligenza artificiale per la sostenibilità?
Quello della sostenibilità è un problema sistemico, in un sistema complesso, rispetto al quale servono soluzioni adattive che necessitano della capacità di analizzare pattern inferenziali. Dunque, abbiamo quattro concetti: complessità, sistemica, adattività e inferenze. L’AI serve esattamente per la gestione di sistemi complessi dove bisogna analizzare pattern inferenziali in maniera adattiva. E noi abbiamo bisogno di algoritmi evolutivi che ci consentano di gestire sistemi complessi per fare scelte che si adattino con il variare del contesto.

I sistemi di AI hanno costi molto alti in termini di sostenibilità…
È vero. Però questa è una semplificazione efficace dal punto di vista della narrazione, ma ingenerosa rispetto a una visione complessa del ruolo della tecnologia. Si diceva lo stesso sulla pubblicistica dell’800 all’alba dell’era dell’automobile. Va premesso che siamo in una fase che, se parlassimo di un piano economico, definiremmo di “ciclo passivo”. Stiamo facendo una rincorsa sbagliata all’aumento della potenza e non all’aumento dell’efficacia, in cui alcuni attori stanno cercando di creare barriere all’ingresso di quelli che verranno dopo, il che non ci permette di avvantaggiarci delle esternalità positive dell’AI. Noi oggi vediamo che addestrare un’AI costa molto, senza però soffermarci sull’ottimizzazione che ci permetterà. Nel Full Life Cycle Assessment vediamo solo la parte passiva, ma non esistono concettualmente tecnologie sostenibili e insostenibili. Esistono tecnologie più o meno energivore (e l’AI è una tecnologia energivora) che possono essere applicate in contesti specifici con criteri di sostenibilità. Non mi devo chiedere solo quanto mi costa addestrarla, ma anche quanto mi costa esercitarla e che guadagno mi porterà l’esercizio. Se addestrare un’intelligenza artificiale mi costa, in termine di emissioni, quanto 180 mila veicoli che viaggiano per un anno, per fare un esempio, devo valutare quanto mi farà risparmiare sempre in termini ambientali durante l’esercizio, magari nella gestione di una rete elettrica complessa. E poi bisogna valutare quanto la leva ambientale sarà compensata in termini di sostenibilità da una leva sociale e da una leva economica.

La vostra Fondazione ha pubblicato un Manifesto per la sostenibilità digitale dell’intelligenza artificiale. In cosa differisce da tutte le altre pubblicazioni, a partire dall’AI Act?
Il Manifesto parte da un assunto fondamentale: la necessità di separare il layer delle scelte dal layer che definisce come tecnicamente quelle scelte devono essere poi applicate. I 12 punti del Manifesto postulano l’idea che l’AI non sia “etica by default”. Non dobbiamo commettere l’errore di delegare all’AI compiti e ruoli che spettano a persone, aziende e istituzioni. Il Manifesto va a identificare una serie di caratteristiche tecniche che l’intelligenza artificiale deve garantire per essere sostenibile. L’AI deve rispettare dei vincoli tecnici che consentano poi a chi la implementa di scegliere. Il modello etico deve essere quello di chi sceglie, non può essere proprio della macchina. L’AI generativa entro certi limiti è essenzialmente una black box. Noi non sappiamo veramente come costruisca le sue scelte quando va a creare dei modelli di regressione. Ci impegniamo molto per aumentare il numero di variabili, ma mai abbastanza per mettere il naso nella black box. Dovremmo farlo per poter sapere come l’AI sceglie in modo da imparare a indirizzarne le scelte. Devo avere la possibilità di introdurre consapevolmente nel sistema dei bias correttivi. Il Manifesto va a elencare una serie di caratteristiche che devono poter essere determinate all’interno di un sistema AI da chi lo implementa.


Articolo pubblicato sul numero di Business People di gennaio-febbraio 2025. Scarica il numero o abbonati qui

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