Stop a più di 300 miliardi di dollari, non verranno più investiti in infrastrutture green: è un duro colpo all’energia pulita quello inferto dal neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il 20 gennaio, giorno del suo insediamento, il capo di Stato americano ha firmato una serie di ordini esecutivi che non lasciano dubbi su quali saranno le direzioni e gli obiettivi del suo mandato.
Durante la sua campagna elettorale il tycoon è stato molto chiaro sulle sue intenzioni di promuovere “l’energia tradizionale“, come petrolio, gas naturale e carbone, a discapito delle fonti rinnovabili. Per la precisione, Trump ha enfatizzato la necessità di “sbloccare l’energia americana“, sostenendo che l’energia pulita fosse una “fissazione ideologica” e che gli Stati Uniti dovessero concentrarsi sulle risorse fossili per stimolare l’economia e creare posti di lavoro.
Ancora, ha ribadito più volte che la via per make America great again passa attraverso l’industria del petrolio e del gas, ed è per questo che ha deciso di eliminare, o quantomeno ridurre drasticamente, gli investimenti pubblici destinati alla transizione energetica verso il green. Come riportato dal Financial Times, i 300 miliardi sospesi erano stati precedentemente approvati dall’amministrazione Biden e destinati a iniziative cruciali come l’Inflation Reduction Act e la legge bipartisan sulle infrastrutture.
I fondi comprendevano circa 50 miliardi di dollari in prestiti già concordati e 280 miliardi di dollari in richieste di prestito ancora in fase di revisione. Ora, la Casa Bianca ha comunicato che tutte le agenzie federali devono immediatamente bloccarne l’uso, segnando un cambio di rotta radicale nelle politiche energetiche del Paese che si inserisce in un più ampio contesto di ritiro dagli impegni internazionali sul green.
Il 21 gennaio, per esempio, Trump ha firmato un ordine esecutivo per ritirare gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima, definendolo «ingiusto e unilaterale» nei confronti degli interessi economici americani. Per Trump, l’accordo sarebbe stato un ostacolo alla crescita economica, penalizzando le imprese statunitensi e favorendo quelle di altri paesi, in particolare della Cina.
Va da sé che l’orientamento di Trump verso le politiche energetiche tradizionali rappresenta, dunque, un passo indietro in termini di impegno globale per la sostenibilità e la transizione ecologica: la sua visione energetica ruota attorno a una crescita accelerata delle fonti fossili, ritenute la chiave per rilanciare l’economia statunitense, e dimostra che l’attenzione all’ambiente non è uno dei nodi cardine della sua politica. Questo approccio, purtroppo, rischia di compromettere il progresso verso una futura economia decarbonizzata, in cui l’energia pulita gioca un ruolo sempre più centrale.
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