Profetico, prolifico e visionario. Nel 1828 nasceva in Francia, a Nantes, Jules Verne, ritenuto il padre della fantascienza moderna – insieme a H.G. Wells – oltre che uno dei più rilevanti scrittori per ragazzi. La sua è stata una vita densa e travagliata, segnata da numerosi – e talvolta repentini – cambi di percorso. Nato in una famiglia borghese, primo di cinque fratelli, a otto anni entrò in seminario e a 11 fuggì di casa imbarcandosi come mozzo su una nave diretta nelle Indie; il padre lo intercettò al primo scalo e lo riportò a casa, ma già da allora fu chiaro che il vivace Jules era dotato di un carattere avventuroso. Al liceo studiò retorica e filosofia, scrisse poemi e tragedie in versi, scontrandosi con le aspirazioni paterne, che lo volevano avvocato. Fu così che partì per Parigi, per studiare giurisprudenza. Raggiunse la capitale in un momento di grandi tumulti e barricate, frequentò circoli letterari e conobbe anche Alexandre Dumas. Era obbligato a fare esami di diritto, ma si appassionava alla scienza, al fantastico e intorno alla metà degli anni ‘50 si mise perfino a scrivere per il teatro.
Verne uomo (anche) di spettacolo? Sì, per anni si barcamenò fra teatro e lavoro come agente di cambio, ma intanto scriveva storie di viaggi. Alla fine, la sua anima di letterato fantasioso prese il sopravvento: presa la laurea, chiuse in un cassetto, a tripla mandata, ogni altra professione e si sposò nel 1857 con una giovane vedova, molto ricca, che gli garantì una inossidabile tranquillità economica e gli consentì di fare i primi, sospiratissimi viaggi (in Inghilterra, Scozia e Scandinavia). Non fu un matrimonio felice, e anche per questo Jules si rifugiò sempre di più, con immaginazione sconfinata, nell’impresa di creare nuovi mondi.
A 35 anni divenne a tutti gli effetti scrittore, grazie anche al suo editore (Pierre-Jules Hetzel) che, dopo aver pubblicato nel 1863 un primo volume di racconti, Cinque settimane in pallone, gli propose un contratto di 20 anni con l’impegno di pubblicare tre opere l’anno. A quel punto Verne si dedicò a sfornare libri e pubblicò una mole immensa di lavori, preannunciando in essi molte delle conquiste tecnologiche che all’epoca parevano solo idee partorite da una mente affascinante e fin troppo fervida. In realtà nei suoi libri, ambientati in terra, in aria, nel sottosuolo, in mare, vengono anticipati il primo satellite artificiale (ne I 500 milioni della Begum, 1869; è del 1957 il lancio del primo Sputnik), l’uomo nello spazio e sulla Luna, mentre nel grande successo Ventimila leghe sotto i mari (1869) il sottomarino nucleare immaginato ha molte delle caratteristiche del primo sottomarino nucleare americano varato nel 1955. Nel 1866 prese in affitto una casa in una cittadina sull’estuario della Somme, Le Crotoy, dove comprò il suo primo battello. Con quello prese a navigare nel Canale della Manica e lungo la Senna; erano delle “prove generali” per il passo successivo. Nel marzo 1867, infatti, in compagnia di un fratello, si imbarcò da Liverpool sulla più grande nave del mondo, il piroscafo Great Eastern. Da questa esperienza ricavò il romanzo Una città galleggiante (1870). Nello stesso anno, sempre con il solito ritmo forsennato, terminava il celeberrimo romanzo Ventimila leghe sotto i mari. Nel 1873 pubblicò Il giro del mondo in 80 giorni, altro successo che gli permise di acquistare uno yacht, il Saint-Michel II, sul quale invitava gli amici e con cui navigò da Lisbona ad Algeri.
Era un viaggiatore, ma con un’anima da scienziato: certosino nel lavoro di ricerca a tavolino, riuscì a completare un’opera geografica e raccolse dati scientifici sempre nel campo della geografia, della zoologia, della fisica, della chimica e della tecnologia. Più di 20 mila voci componevano la sua personale, minuziosa, enciclopedia.
Nel 1872 si trasferì ad Amiens, città natale della moglie: qui fu prima membro e poi direttore dell’Accademia delle Scienze, delle Arti e delle Lettere. Il suo trasporto per i viaggi e le mete esotiche non poteva non portarlo a incrociare la figura di un grande esploratore come Cristoforo Colombo. Così, allo scopritore delle Americhe dedicò una singolare biografia nel 1882. Qui dipinse il navigatore genovese in maniera epica e ammirata, ma documentatissima (lo aiutò Gabriel Marcel, geografo della Biblioteca nazionale di Francia).
Dopo questo periodo vitale e costellato di successi, arrivò nel 1886 quello che Verne per primo definì il “periodo nero”. Fu colpito da vari lutti (morì tra l’altro Hetzel, l’editore che per primo aveva creduto in lui e che aveva sempre rappresentato un punto di riferimento), resi più gravosi dalla costante infelicità familiare, da un figlio difficile (che finirà in riformatorio) e da un nipote affetto da problemi psichici che tenterà di assassinarlo. Verne sopravvivrà ai colpi di pistola, ma sarà costretto per sempre su una sedia a rotelle. Nemmeno questo, però, fermò il suo estro: tuttavia i suoi romanzi divennero più cupi e complessi, poco adatti a quel pubblico di ragazzi che lo aveva sempre seguito. Nel 1888 Jules Verne divenne consigliere comunale di Amiens, dove morì nel 1905 per complicazioni dovute al diabete. Molte sue opere, rimaste inedite, furono fatte pubblicare dopo la morte dal figlio Michel.
Le sue storie, in particolare Viaggio al centro della Terra (1864), Dalla Terra alla Luna (1865) e Ventimila leghe sotto i mari (1869), mescolavano toni romantici e tecnologie futuribili. Fu definito «il primo romanziere a tempo pieno di fantascienza del mondo», ma malgrado consenso e popolarità, le sue opere furono considerate “semplice” storie per ragazzi. Solo molti anni dopo la morte, la critica lo riconobbe uno dei grandi della letteratura. Secondo Ray Bradbury «senza Verne, molto probabilmente non avremmo mai concepito l’idea di andare sulla Luna», mentre Guido Gozzano, nel suo sonetto In morte di Giulio Verne del 1905, scrisse: «La Terra il Mare il Cielo l’Universo per te, con te, poeta dei prodigi, varcammo in sogno oltre la Scienza».
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