Più guadagni, emissioni invariate. È il sogno di molte multinazionali della tecnologia, impegnate nella sfida monstre di rispondere alla crescente domanda dei consumatori per prodotti nuovi e più performanti, azzerando la propria carbon footprint. Un sogno che Apple è convinta di trasformare in realtà in pochi anni, portando non solo a impatto zero l’intera catena di produzione dei suoi gioielli tecnologici, ma compensando al tempo stesso le emissioni generate dall’elettricità consumata dalle persone per ricaricare i dispositivi.
Guardando i più recenti numeri presentati dall’azienda, nel 2022 appena concluso Cupertino ha registrato un fatturato in crescita del 33% senza aumentare le proprie emissioni. Un risultato frutto di un impegno decennale, iniziato prima che la sostenibilità diventasse un caposaldo per organizzazioni, aziende e consumatori di tutto il mondo, e che trascende la stessa multinazionale tecnologica. Simbolica in tal senso la pagina pubblicitaria del 2014, che Apple – allora impegnata in una battaglia legale con Samsung sui brevetti – realizzò per la Giornata mondiale della Terra: con il claim There are some ideas, we want every company to copy si invitavano i competitor a “copiare” gli investimenti in energia pulita, «perché quando ciascuno farà dell’ambiente una priorità, potremo beneficiarne tutti».
Anticipatrice di trend in ambito tecnologico, con le sue iniziative Apple ha tracciato la strada anche per il business sostenibile. «Le nostre azioni a tutela del clima vanno oltre l’azienda e siamo determinati a essere un’increspatura sull’acqua da cui può nascere l’onda del cambiamento», ha ribadito poche settimane fa il Ceo Tim Cook che, sempre nel 2014, di fronte alle perplessità sul ritorno economico degli investimenti per l’ambiente da parte di alcuni azionisti, perse le staffe rispondendo che non tutti gli sforzi di Apple erano incentrati sul ROI e invitando chi non condivideva questo punto di vista a vendere le proprie azioni.
A proposito di questo articolo
Questo articolo è tratto da I Campioni della Sostenibilità 2023, terza edizione dello speciale di Business People pubblicato sul numero di gennaio-febbraio . Per leggere la versione completa e approfondire altri temi della rivista, puoi scaricare il numero in versione digitale cliccando qui
«In un anno in cui più persone che mai hanno scelto la tecnologia che produciamo, i nostri team non hanno mai smesso di innovare per proteggere il pianeta», ha dichiarato Lisa Jackson, Vice President Environment, Policy and Social Initiatives di Apple, presentando l’ultimo rapporto di sostenibilità della multinazionale. Per quattro anni a capo dell’Environmental Protection Agency degli Stati Uniti, dal 2013 Jackson è stata scelta da Tim Cook per supervisionare gli sforzi che l’azienda sta compiendo sul fronte della sostenibilità. Sforzi che l’hanno portato la big tech a ridurre del 40% le emissioni di gas serra in sette anni. Già dal 2018, inoltre, tutti i data center, gli store e gli uffici Apple utilizzano elettricità da fonti 100% rinnovabili, e da poco più di due anni il gruppo è carbon neutral per tutte le sue attività globali.
Il prossimo obiettivo? Rendere l’intera filiera produttiva a impatto zero entro il 2030. Già oggi più di 200 fornitori, che rappresentano oltre il 70% della spesa diretta di Cupertino in ambito produttivo, si sono impegnati a utilizzare esclusivamente energia pulita, come quella eolica e solare, per la produzione Apple. Non si tratta solo di buone intenzioni: a ogni fornitore viene richiesto un resoconto dei progressi, che vengono verificati annualmente; al tempo stesso i partner hanno a disposizione risorse di e-learning gratuite, corsi di formazione dal vivo e il supporto diretto di Apple per identificare soluzioni efficaci per l’azzeramento delle emissioni di carbonio. Un impegno diretto per la filiera, che viene offerto gratuitamente anche a società di altri settori. Come? Con la creazione di una piattaforma di formazione pubblica, prima del suo genere, per imprese grandi e piccole in modo da accelerare il passaggio all’energia pulita. «In Apple abbiamo il coraggio di assumere impegni ambiziosi per migliorare il mondo che ci circonda e intraprendere azioni coraggiose per soddisfarli », ha sottolineato Jackson, le cui parole si sposano perfettamente, ad esempio, con la scelta di eliminare l’alimentatore dalle confezioni di iPhone. Una strategia che molti hanno ricondotto solo al risparmio dei costi di produzione. Non proprio: rinunciare alla produzione degli alimentatori ha portato alla riduzione di 2 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio, paragonabili a quelle prodotte da 500 mila automobili.
Per accelerare il raggiungimento dei suoi obiettivi, negli anni Apple ha messo in campo tre Green Bond di valore pari a 4,7 miliardi di dollari, tra i più consistenti del settore privato. Il più recente, del 2019, sta sostenendo 50 progetti, tra cui un innovativo processo di produzione dell’alluminio che, durante la fusione, produce ossigeno invece di gas serra. Oltre 500 milioni di dollari del ricavato del recente Green Bond sono stati destinati a progetti per la produzione di energia pulita, tra cui le più grandi turbine eoliche on-shore al mondo, che alimentano i data center Apple di Viborg, in Danimarca, e il cui surplus energetico viene reimmesso nella rete danese. Sempre a Viborg, quest’anno, l’azienda ha in programma di espandere l’attività del data center e costruire nuove infrastrutture per catturare l’energia termica in eccesso al fine di destinarla alla città.
«Il nostro obiettivo è lasciare il pianeta un posto migliore di come lo abbiamo trovato e i nostri Green Bond sono uno strumento fondamentale per fare passi avanti in questa direzione», ha aggiunto la Vice President di Apple. «I nostri investimenti stanno contribuendo a creare tecnologie all’avanguardia, necessarie per ridurre l’impatto ambientale dei materiali che utilizziamo. Stiamo facendo progressi concreti per affrontare la crisi climatica e arrivare a creare i nostri prodotti senza sottrarre niente al pianeta». Per farlo, Apple si impegna a estendere il ciclo di vita dei suoi dispositivi, anche attraverso programmi di ricondizionamento, ma negli ultimi anni ha dato vita anche a innovazioni di cui pochi conoscono l’esistenza: la macchina Taz e i robot Dave e Daisy. Taz sfrutta una nuova tecnologia simile a quella dei trituratori per separare i magneti dai moduli audio e recuperare una maggiore quantità di materiali; Dave è in grado di disassemblare i Taptic Engine, contribuendo a recuperare terre rare di valore nei magneti, tungsteno e acciaio; Daisy, invece, è votata agli iPhone usati e recupera materiali da riciclare. Ne può smontare fino a 1,2 milioni l’anno – i suoi brevetti sono disponibili gratuitamente per altre aziende – ma non lavora a pieno potenziale perché molti non conoscono ancora il programma Trade In di Apple, che dà la possibilità di trasformare il vecchio smartphone chiuso nel cassetto in qualcosa di utile per sé e il Pianeta. Da una tonnellata di componenti di iPhone si possono recuperare quantità di oro e rame che solitamente verrebbero estratte da 2000 tonnellate di roccia. Già nel 2021, il 59% dell’alluminio impiegato da Apple per i propri prodotti proveniva da fonti riciclate e molti dispositivi avevano un guscio in alluminio riciclato al 100%. Anche la plastica, oggi presente del 4% nel packaging, è stata ridotta del 75% in sette anni e sarà eliminata entro il 2025. «Il ritmo serrato con cui innoviamo permette ai nostri team di utilizzare i prodotti di oggi per realizzare quelli di domani», ha concluso Jackson, «e con la transizione della nostra filiera globale all’energia pulita stiamo aprendo la strada per altre aziende».