La loro fattoria nel villaggio di Nyamedewasie, in Ghana, produceva a malapena per sopravvivere. Una busta di cacao, tutto qua. Patricia e suo marito avevano rinunciato ai loro sogni: non potevano permettersi una grande casa adatta a tutta la famiglia, come neanche l’istruzione per i tre figli. Si erano ormai rassegnati all’idea di non potergli promettere un futuro migliore. Oggi quella busta di cacao si è trasformata in quattro sacchi. La famiglia può contare anche sui guadagni provenienti dalla vendita di sapone, l’ultima attività avviata grazie all’accesso ai fondi dell’associazione di risparmio e prestito del villaggio (VSLA). Oggi i figli di Patricia sono seduti ai banchi di scuola e, con i risparmi messi da parte, la casa dei loro sogni è sempre più vicina. Tutto questo è avvenuto grazie al programma Cocoa Life messo in campo dal big dello snacking Mondelez International, con l’intento di migliorare le condizioni di chi opera nelle comunità agricole legate alla produzione del cacao. La società americana (con sede a Chicago) oggi opera in tutto il mondo forte di un organico da 80 mila dipendenti e di un fatturato da 25,9 miliardi di dollari (realizzato grazie a marchi conosciuti ovunque quali Oreo, Lu, Tuc, Belvita, Cadbury Milk, Philadelphia, Milka, Toblerone, insieme agli italiani Fattorie Osella, Cipster, Oro Saiwa e Fonzies) ed è attiva dal 2012 con il programma di sostenibilità della filiera del cacao (Cocoa Life appunto) che mira ad accelerare l’empowerment femminile.
Un progetto che ogni anno fornisce a 50 mila donne l’accesso ai finanziamenti per promuovere e partecipare a programmi educativi e per incoraggiare l’imprenditorialità, con l’obiettivo di dar loro voce e attivare il loro potenziale. Così Patricia ha imparato nuove tecniche di potatura, irrorazione e raccolta, che hanno contribuito ad aumentare la resa dell’azienda. Inoltre, ha potuto accedere a sistemi di credito finanziario per dare vita alla sua nuova attività imprenditoriale. Come lei Juliana Aboaagweya, una madre single con i genitori e una nipote a carico, ha potuto frequentare sia un corso per migliorare le tecniche di coltivazione che uno di business development. E grazie al micro-credito anche Widow Abiba, coltivatrice di Ayensuan (Ghana), finalmente può pagare la retta per la scuola della figlia.
Oltre 59 mila membri della comunità hanno partecipato a programmi per favorire la consapevolezza di genere utili per cambiare percezioni, atteggiamenti e comportamenti e affrontare le disuguaglianze. «Attraverso il piano decennale che abbiamo attivato con un investimento di 400 milioni di dollari», spiega Silvia Bagliani, General Manager della divisione snack di Mondelez International Italia, «entro il 2022 vorremmo toccare i 200 mila coltivatori di cacao e raggiungere un milione di membri della comunità. In questi anni abbiamo raggiunto il risultato di rendere i coltivatori maggiormente autonomi, insieme alle loro famiglie, attraverso aiuti concreti che rendono le coltivazioni più profittevoli. Per fare un esempio, in alcuni casi si arriva anche a fornire alle coltivatrici le bilance per eludere gli inganni durante le contrattazioni della merce». Facendo un breve passo indietro, lo sforzo di Mondelez nel costruire un futuro promettente per le comunità agricole e rendere sostenibile il cacao, si basa sulla Cadbury Cocoa Partnership, fondata in Ghana nel 2008, poi evoluta nel programma Cocoa Life nel 2012. L’anno scorso si sono festeggiati i dieci anni del progetto in Ghana insieme al governo e ai coltivatori. Bande musicali locali hanno sfilato per le strade, ci si è dati da fare con le pulizie della comunità e le proiezioni su temi di salute, fino alla distribuzione di libri ai club locali di Reading e Child Rights e alla fornitura di infrastrutture per la comunità fisica come scuole, strutture idriche e cliniche. Dall’impegno in Ghana e Costa d’Avorio, il progetto si è recentemente allargato in Indonesia, India, Repubblica Dominicana e Brasile. Il tutto collaborando con i governi locali, le organizzazioni non profit e direttamente con i coltivatori, puntando sullo sviluppo e sull’indipendenza femminile.
«I pilastri di Cocoa Life sono cinque», continua Silvia Bagliani. «Innanzitutto, formare i coltivatori (circa 88 mila) e distribuire piantine di cacao (5,8 milioni) per incrementare la resa delle piantagioni e promuovere la crescita di una pianta di qualità maggiore. Poi cercare di agevolare lo sviluppo delle comunità, aiutandole a identificare i loro bisogni e assicurando loro le risorse necessarie e la possibilità alle donne di poter prendere decisioni. Non può mancare il sostegno economico attraverso l’accesso a micro-crediti. Ci muoviamo anche sul fronte dell’ambiente: il programma vuole proteggere le zone in cui viene coltivato il cacao conservandone gli ecosistemi e offrendo alle generazioni future terreni agricoli vitali. Infine, c’è un ultimo aspetto altrettanto importante che riguarda la mancanza di “appeal” di questi lavori nei confronti dei giovani: molti, invece di proseguire l’attività di famiglia, tendono a trasferirsi in città. Cocoa Life cerca di contrastare questo fenomeno». Secondo l’ultimo rapporto annuale di Mondelez International sull’avanzamento del programma di approvvigionamento sostenibile, alla fine del 2017 si erano raggiunti 120.500 agricoltori (un aumento del 31% rispetto al 2016) in 1.085 comunità (+26%). L’azienda ha incrementato la quota di cacao proveniente da filiere sostenibili arrivando al 35%, con una crescita di 14 punti percentuali rispetto all’anno precedente. E nel frattempo si accumulano le storie. Come quella delle donne che hanno creato il Village Savings and Loans Association in Odjarde, Ghana: un villaggio di piccole aziende costruito dopo aver frequentato corsi di economia e management finanziati da Cocoa Life.
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