Sostenibilità sociale, non puoi più farne a meno. Per anni se n’è parlato quasi in silenzio, distratti da altre “sostenibilità”: quella ambientale e quella economica. Nel frattempo, la grande crisi iniziata nel 2007 ha eroso un po’ ovunque il welfare state, soprattutto in Italia dove a colpi di tagli si sono ridotte istruzione, sanità e altre voci. Proprio l’assistenza sanitaria, anche se senza reali basi di dibattito, è stata una delle chiavi più forti della politica anti europeista che ha portato alla Brexit.
Oggi che la crisi sembra finita, la sostenibilità sociale torna una priorità. Per sostenibilità sociale si intenda la capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione, giustizia) equamente distribuite per classi e genere. Quando crescono le diseguaglianze e si perde coesione sociale, infatti, non si possono realizzare la sostenibilità economica né quella ambientale. Negli ultimi anni a fare le veci dello Stato sono state le aziende che, grazie anche alle nuove norme, si sono impegnate nell’avviare progetti e piani di welfare aziendale. Dalla formazione all’offerta di corsi sportivi o di lingua fino all’offerta di servizi sociali (asili, istruzione), le proposte sono tantissime.
– COS’È IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ –
La capacità di equilibrare la sostenibilità sociale, quella economica e quella ambientale è il senso stesso del concetto di sviluppo sostenibile. Secondo la definizione proposta nel rapporto Our Common Future, pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite, per “sviluppo sostenibile” si intende uno sviluppo in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri».
Il concetto di sostenibilità, in questa accezione, viene collegato alla compatibilità tra sviluppo delle attività economiche e salvaguardia dell’ambiente. La possibilità di assicurare la soddisfazione dei bisogni essenziali comporta, dunque, la realizzazione di uno sviluppo economico che abbia come finalità principale il rispetto dell’ambiente, ma che allo stesso tempo veda anche i Paesi più ricchi adottare processi produttivi e stili di vita compatibili con la capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane e i paesi in via di sviluppo crescere in termini demografici ed economici a ritmi compatibili con l’ecosistema.
La nozione di sviluppo sostenibile è stata accolta anche nei trattati ambientali aperti alla firma a Rio: la Convenzione sui cambiamenti climatici, entrata in vigore nel 1994, e la Convenzione sulla diversità biologica, entrata in vigore nel 1993, fino alla Conferenza di Johannesburg del 2002. Tutte confermano una configurazione del principio dello sviluppo sostenibile fondata su tre fattori interdipendenti: tutela dell’ambiente, crescita economica e sviluppo sociale.
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